Il Venerdì della Misericordia: Renna richiama Catania alla compassione e svela il Santo Chiodo

Stasera il Venerdì Santo cambia volto. Su impulso dell’arcivescovo Luigi Renna, la consueta e breve “passeggiata” tra Cattedrale e via Crociferi diventa una grande processione cittadina: alle 19.30 il corteo muoverà dal Duomo, attraverserà via Etnea fino a San Biagio in piazza Stesicoro, farà tappa alla Collegiata e poi tornerà al punto di partenza. Cuore dell’evento sarà la solenne ostensione del **Santo Chiodo** – reliquia rarissima, che la tradizione indica fra quelli conficcati nella croce di Cristo – donato, secondo la leggenda, da Martino il Giovane ai Benedettini di Nicolosi. Un segno potente, capace di tenere insieme storia, fede e identità di un’intera città.

Dal 1601 al 1866 il Santo Chiodo fu al centro di una delle feste religiose più partecipate di Catania, seconda solo a quella di Sant’Agata. Dopo decenni di oblio e un breve tentativo di ripresa negli anni ’90, oggi torna alla venerazione popolare, portato sotto baldacchino dall’arcivescovo stesso. Ad aprire il corteo saranno la Croce e gli stendardi delle parrocchie, movimenti e confraternite, seguiti dai simulacri del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, dai seminaristi, dal clero e dagli ordini cavallereschi, con la chiusura affidata alle autorità civili e militari. Un rito suggestivo, che intende restituire alla città un pezzo prezioso della propria fede e identità, coinvolgendo anche le nuove generazioni. Una processione che simbolicamente ricuce le antiche fratture tra l’Arcidiocesi e i Benedettini, i custodi storici della reliquia.

Al centro di questo cammino, le parole pronunciate dall’arcivescovo Renna durante la Messa crismale del Giovedì Santo risuonano come guida spirituale:
«Le piaghe del nostro mondo hanno tanti nomi, ma unica è la consolazione che noi portiamo: la compassione e la salvezza di Cristo Redentore. L’Anno della Misericordia cammina sulle gambe dei testimoni di speranza». Nel corso dell’omelia, Renna ha esaltato la ricchezza dei carismi emersa nel cammino sinodale: «Le voci di ciascuno non hanno costruito una nuova Babele, ma un edificio spirituale, unito da perdono e amore fraterno». Al cuore della speranza cristiana, ha ricordato, ci sono le azioni concrete della misericordia: curare, riscattare, liberare, annunciare il Vangelo ai poveri.

Un passaggio speciale è stato riservato all’olio degli infermi, primo tra quelli benedetti: «Un sacramentale troppo spesso dimenticato o legato alla sola “estrema unzione”. In realtà – ha sottolineato – è segno di speranza, di consolazione per corpo e spirito». L’appello finale è stato rivolto ai sacerdoti, chiamati a un ministero di consolazione, e ai laici, invitati a trasformare la misericordia in azioni concrete: «Rendere più umana la sanità, accogliere con dignità i migranti, promuovere le cure palliative invece dell’eutanasia, riscoprire il senso riabilitativo della pena carceraria. Sono gesti profetici che dicono al mondo che la misericordia del Signore è viva». Un messaggio potente, che si intreccia alla storia e alla fede di una città che oggi riscopre il valore di un’antica reliquia, segno concreto di una speranza che cammina.