Domani, 25 novembre, si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. La data commemora il brutale assassinio delle sorelle Mirabal—Patria, Minerva e María Teresa—attiviste politiche dominicane uccise nel 1960 per la loro opposizione alla dittatura di Rafael Trujillo. Questa ricorrenza rappresenta un momento cruciale per sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più gravi violazioni dei diritti umani, rinnovando l’impegno per una società più sicura e giusta.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una donna su tre subisce violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita. In Italia, i dati dell’XI Rapporto Eures registrano 99 donne uccise tra il 1° gennaio e il 18 novembre 2024. Le vittime sono soprattutto over 65 (37,4%), spesso uccise da coniugi o figli. Gli omicidi avvengono principalmente nei piccoli comuni del Centro Italia, mentre al Sud si registra un calo del 25%. Preoccupante è l’aumento delle figlie uccise, passate da 5 a 9, e degli autori under 25, cresciuti da 4 nel 2023 a 12 nel 2024. Parallelamente, il numero di vittime straniere è aumentato del 41,2%, arrivando a rappresentare quasi un quarto del totale, mentre le vittime italiane sono diminuite del 21,1%. Gli autori italiani rimangono stabili (83 casi), mentre quelli stranieri sono diminuiti del 30,4%.
La famiglia si conferma il principale luogo di rischio per le donne, con 88 delle 99 vittime uccise in ambito familiare, spesso da partner o ex partner. Crescono i femminicidi legati a patologie o dipendenze familiari, che raggiungono i 35 casi, così come quelli causati da conflitti protratti nel tempo (27 episodi). In calo, invece, i femminicidi per gelosia patologica, che hanno coinvolto 18 donne quest’anno. Tra i metodi utilizzati prevalgono le armi da taglio (32 casi), seguite dalle armi da fuoco, mentre oltre il 20% delle donne è stato ucciso a mani nude, tramite strangolamento o percosse. La lotta contro la violenza di genere passa anche attraverso l’arte. Il brano “Bandiera” della cantautrice Giulia Mei è diventato un simbolo di ribellione e libertà femminile. La frase “Della mia fica farò una bandiera. Che brillerà nella notte nera” esprime un messaggio potente di autodeterminazione e resistenza, che ha risuonato in molti contesti di sensibilizzazione.
Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Catania, intervistato da Laura Distefano per La Sicilia, ha sottolineato l’importanza di agire rapidamente: “Intervenendo ai primi segnali di violenza, si è registrato un calo dei casi più gravi. Tuttavia, il problema resta lontano dall’essere superato.” Ardita ha anche evidenziato il ruolo insidioso dei social media, strumenti spesso utilizzati per stalking, ricatti e offese, ribadendo la necessità di interventi professionali e tempestivi.
Il procuratore osserva che, più che di fallimento dello Stato, si dovrebbe parlare di fallimento della famiglia, contesto in cui si consumano molti di questi crimini. Sottolinea inoltre il valore delle iniziative di sensibilizzazione, come convegni o panchine rosse: “Il racconto dei familiari delle vittime può accendere segnali di allarme e offrire insegnamenti preziosi.” La Giornata del 25 novembre è un’occasione per riflettere e per agire. Le istituzioni, insieme alla società civile, devono continuare a promuovere una cultura del rispetto e dell’uguaglianza di genere, affinché nessuna donna sia mai lasciata sola.