Le rivelazioni pubblicate in esclusiva da Repubblica gettano nuova luce sulla latitanza trentennale di Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio 2023. Durante la fuga, il boss mafioso ha utilizzato almeno 15 identità false, la maggior parte riconducibile a persone di Campobello di Mazara, suo paese natale. Con queste identità si muoveva liberamente, frequentando persino luoghi pubblici come una rinomata gastronomia di via Daita a Palermo nel 2009, dove si recava senza particolare preoccupazione.
Nel covo sono stati ritrovati pizzini, diari e oggetti personali che raccontano la sua vita di latitante. Tra questi, un orologio di lusso Franck Muller Geneve Color Dreams, acquistato nel 2009 al Forte Village, un esclusivo resort in Sardegna, che evidenzia uno stile di vita agiato. Gli inquirenti sospettano che Messina Denaro avesse frequentazioni internazionali, forse legate ai suoi passaggi a Verona, base strategica per eventuali viaggi in Austria, dove risiede una vecchia fiamma.
La latitanza di Messina Denaro era garantita da una rete di complici, tra cui imprenditori e conoscenti identificati con soprannomi come “Parmigiano”, “Reparto” e “Fragolina”. Tra questi spicca Domenico Scimonelli, produttore di vino siciliano e proprietario dell’azienda “Occhio di Sole”, che esportava milioni di bottiglie in India e negli Stati Uniti. Le connessioni con Scimonelli mostrano come il boss avesse esteso i suoi interessi al settore vinicolo, sfruttando i legami commerciali per riciclare denaro e consolidare il suo potere economico.
Gli smartphone sequestrati durante la cattura contengono ulteriori indizi sulla sua vita da fuggitivo, compresi possibili spostamenti all’estero e nuove connessioni con i suoi complici. L’arresto ha segnato la fine di una delle latitanze più longeve e simboliche della mafia siciliana, ma ha anche aperto nuovi filoni d’indagine per smantellare definitivamente la rete che lo ha protetto per tre decenni.