“La borghesia mafiosa è ancora viva”, bilancio e riflessioni del Procuratore De Lucia nel ricordo di Libero Grassi

Nel giorno del ricordo di Libero Grassi, coraggioso imprenditore ucciso il 29 agosto 1991 per aver rifiutato di cedere al racket del pizzo, il Procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia, in una lunga intervista rilasciata a Repubblica a firma di Salvo Palazzolo traccia un bilancio della lotta alla mafia. Le sue parole sono un monito che richiama l’attenzione su una delle questioni più delicate e meno visibili della battaglia contro Cosa nostra: l’infiltrazione della borghesia mafiosa nella società civile.

De Lucia è chiaro nel descrivere come, indagando sui boss mafiosi, emergano continuamente insospettabili consulenti che, per anni, hanno operato nell’ombra al servizio della criminalità organizzata. “Individuare la borghesia mafiosa,” afferma, “resta una delle questioni centrali nel contrasto ai clan, così come nelle indagini sulla latitanza di Matteo Messina Denaro.” Le indagini, infatti, proseguono incessantemente per svelare i misteri legati a uno dei più temuti latitanti della storia recente.

L’estate appena trascorsa ha visto l’infliggere due duri colpi a Cosa nostra: un maxi sequestro di beni del clan Pagliarelli in Brasile e l’arresto del vecchio boss Michele Micalizzi, protagonista di una rete di affari e relazioni nella cosiddetta “città bene” di Palermo. Tuttavia, il procuratore avverte che la lotta non è conclusa: “È necessario che lo Stato, in tutte le sue articolazioni, continui a impegnarsi fornendo risorse e strumenti adeguati alla lotta alla mafia, perché oggi il rischio è che Cosa nostra ricrei un suo esercito, reclutando nel grande bacino del disagio sociale.”

Il ricordo di Libero Grassi, rievocato con rispetto e ammirazione da De Lucia, resta vivo come un modello per i giovani operatori economici che hanno avuto il coraggio di rompere con la tradizione dell’omertà, grazie anche all’impegno di movimenti come Addiopizzo. Tuttavia, Palermo è ancora una città piena di contraddizioni, dove il passato e il presente si intrecciano e la lotta contro la mafia richiede un impegno costante e profondo.

“Il principale problema di Cosa nostra oggi è quello di tornare ad essere ricca,” spiega De Lucia. La mafia si sta riorganizzando, puntando sull’alleanza con altre organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta, per incrementare il traffico di stupefacenti, l’unica attività che garantisce arricchimenti rapidi e consistenti. Le estorsioni, seppur ridotte, restano un metodo per mantenere il controllo sul territorio, mentre le infiltrazioni nel mondo dei giochi rappresentano una nuova frontiera di guadagni illeciti.

La lotta alla mafia non può essere confinata a commemorazioni o a convegni, per quanto importanti essi siano. Deve concretizzarsi in una trasparenza amministrativa e in un impegno quotidiano all’interno delle pubbliche amministrazioni, che troppo spesso in Sicilia non funzionano come dovrebbero. Solo un sistema immune ai condizionamenti mafiosi può fungere da barriera contro le infiltrazioni.

L’ultimo obiettivo, ma non meno importante, è quello di individuare e processare tutti coloro che hanno aiutato Matteo Messina Denaro durante la sua lunga latitanza. La sfida resta aperta: “Tutte queste questioni,” conclude De Lucia, “tornano a riguardare la borghesia mafiosa, quell’area grigia che resta in questo momento uno dei fronti più importanti di indagine.” Un’area grigia che, a distanza di decenni, continua a dimostrare quanto sia difficile sradicare le radici della mafia dalla società italiana.