Apertura

Sicilia, la terra trema: “Serve prevenzione per ridurre il rischio sismico”

Uno sciame sismico ha colpito la Sicilia nel pomeriggio di ieri, con una scossa principale di magnitudo 4.8 registrata alle 16:19 a est di Alicudi, a una profondità di 17 chilometri. Il sisma è stato avvertito distintamente lungo la costa occidentale dell’Isola, da Messina a Palermo, generando apprensione tra la popolazione. Fortunatamente, non si registrano danni a persone o strutture.

Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, sta seguendo da vicino l’evolversi della situazione ed è in costante contatto con il capo della Protezione Civile regionale, Salvo Cocina. “Siamo in stretto raccordo con il sindaco di Lipari, il prefetto di Messina e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per un monitoraggio rapido e accurato. Al momento non risultano danni, ma la Regione è pronta a intervenire con tutti i mezzi necessari per garantire la sicurezza dei cittadini e supportare le comunità coinvolte”, ha dichiarato Schifani.

Secondo il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni, si tratta di un evento sismico che rientra nei parametri storicamente registrati nella zona, che non ha mai superato magnitudo 6. Tuttavia, la scossa è un chiaro monito sulla vulnerabilità sismica del territorio e sulla necessità di investire di più nella prevenzione.

L’area interessata si trova lungo una fascia di compressione tra Ustica e le Eolie, la stessa che nel 2002 ha generato il terremoto di Palermo di magnitudo 5.7, causando danni per oltre 140 milioni di euro. In passato, eventi simili si sono verificati più volte: nel 2023 si è registrato un sisma di magnitudo 4.1, mentre nel 1939 un terremoto di 5.1 ha provocato danni significativi a Filicudi.

Doglioni ha escluso collegamenti con il recente sciame sismico di Santorini o con l’attività vulcanica di Stromboli ed Etna, spiegando che si tratta di un fenomeno compressivo caratterizzato da un’energia relativamente bassa. Nelle ore successive alla scossa principale, sono stati registrati altri dieci eventi minori, ma senza particolari ripercussioni.

L’attenzione resta alta non solo per il rischio sismico, ma anche per il potenziale pericolo di maremoti. Alessandro Amato, responsabile del Centro Allerta Tsunami, ha ricordato i progressi compiuti negli ultimi anni nella realizzazione di un sistema di allerta, oggi più efficiente e capillare. Il rischio tsunami, seppur remoto, riguarda in particolare le coste del Tirreno meridionale e il sud della Sicilia, dove potrebbe verificarsi un’onda anomala generata da eventi sismici in Tunisia.

Doglioni ha ribadito l’urgenza di consolidare edifici pubblici e privati, aggiornare i piani di emergenza e garantire un maggiore controllo sismico nelle aree più esposte, come Messina, Catania, Siracusa e la Valle del Belice, già colpite in passato da terremoti devastanti.

Interpellato sul Ponte sullo Stretto, il presidente dell’Ingv ha evitato di esprimersi direttamente, limitandosi a ricordare che la zona è stata già colpita da eventi sismici di forte intensità e che qualsiasi infrastruttura realizzata dovrà essere progettata per resistere a scosse di elevata magnitudo.

Nel frattempo, il monitoraggio continua, con un costante lavoro di analisi e prevenzione per garantire la sicurezza della popolazione. La Sicilia, terra storicamente esposta a fenomeni sismici, ha bisogno di una strategia strutturale che metta al primo posto la prevenzione, per affrontare con maggiore sicurezza eventi di questo tipo in futuro.

Share
Published by
Redazione