Catania, processo “Università Bandita” fermo: atti alla Corte Costituzionale
Il processo “Università Bandita”, relativo ai presunti concorsi truccati all’interno dell’Università di Catania, subisce una battuta d’arresto. La seconda sezione penale del Tribunale ha sospeso i termini di prescrizione e trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale. Questa decisione è stata presa in seguito alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Procura, che ha messo in discussione l’abrogazione dell’articolo 323 del codice penale, il reato di abuso d’ufficio.
A processo ci sono 51 imputati, tra cui figure di spicco dell’ateneo catanese. La Procura ha richiesto 39 condanne e 12 assoluzioni, con capi d’imputazione che spaziano dalla corruzione alla turbativa d’asta e all’abuso d’ufficio. L’intero procedimento è nato da un’inchiesta della Digos della Questura di Catania, coordinata dalla Procura etnea.
L’indagine, avviata nel 2019, fece scalpore e provocò le dimissioni dell’allora rettore Francesco Basile, portando alla convocazione di nuove elezioni universitarie. Le intercettazioni raccolte durante le indagini avrebbero svelato un sistema di bandi e assegnazioni di cattedre predisposti in maniera irregolare. Tra gli indagati figurano anche l’ex rettore Giacomo Pignataro e diversi ex direttori di dipartimento.
La trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale coinvolge tutti gli imputati e tutti i capi d’imputazione, ritenuti interconnessi, e rappresenta un passaggio cruciale che potrebbe ridefinire i termini del processo e della sua prosecuzione. Resta alta l’attenzione su un caso che ha scosso profondamente il mondo accademico e la città di Catania.