Il consultorio “Mi cuerpo es mío” torna in strada per denunciare un anno di silenzi

Per un giorno, il consultorio autogestito “Mi cuerpo es mío” è tornato simbolicamente in strada, proprio davanti al Municipio, per denunciare l’assenza di una nuova sede a distanza di un anno dallo sgombero forzato dall’immobile situato tra via Gallo e via Sant’Elena. Nonostante le promesse di trovare spazi alternativi, nessuna soluzione è stata offerta per riprendere le attività essenziali volte a contrastare la violenza sulle donne.

Di fronte all’ingresso sbarrato del Comune – ufficialmente “per motivi di sicurezza” – le attiviste hanno ricreato una sala di attesa con divano, tappeti, tavolini e materiali informativi, proprio come il consultorio originale. Volantini e opuscoli spiegano come intervenire in situazioni di violenza domestica o di genere, offrendo informazioni su interruzione di gravidanza e sulla “piramide della violenza”, dove il linguaggio sessista rappresenta la base di un sistema che culmina in stupro e femminicidio.

L’occupazione simbolica ha voluto lanciare un messaggio forte contro il silenzio delle istituzioni: l’amministrazione comunale, che aveva promesso un nuovo spazio, non ha ancora agito. Le attiviste hanno sollevato interrogativi sul futuro dell’immobile sgomberato, accusando l’amministrazione di volerlo destinare ad associazioni cattoliche locali e alla controversa agenzia Frontex, nota per i respingimenti di migranti alle frontiere.

Questa protesta ha anche voluto riaffermare che “il consultorio abita la città”. Nonostante lo sgombero, la rete di solidarietà con altre associazioni come Arci, Arcigay, Lhive e il sindacato USB ha permesso di mantenere attivo il supporto, perfino nei bar, dove sono state organizzate consulenze di emergenza per rispondere alle richieste di aiuto. Situazioni di violenza familiare e istituzionale, comprese le difficoltà burocratiche nell’interruzione di gravidanza in Sicilia, dove oltre l’80% dei medici è obiettore di coscienza, sono state affrontate senza sosta.

Le protagoniste dell’occupazione ribadiscono con forza: “La lotta contro la violenza di genere non può essere ridotta a passerelle e promesse vuote. Rilanciamo la nostra esperienza fatta di solidarietà e sorellanza, per dare voce a tutte le donne, bambine e soggettività che vogliono liberarsi dalla violenza!”