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L’Ars boccia la legge sulla rappresentanza femminile nelle giunte: tensioni e divisioni nel centrodestra

Ancora una battuta d’arresto per la legge sulla rappresentanza di genere nelle giunte comunali siciliane. Il ddl enti locali, che avrebbe dovuto allineare la Sicilia alle normative nazionali per garantire una maggiore presenza femminile nelle amministrazioni locali, è stato rinviato per la seconda volta in commissione, causando forti polemiche sia dentro che fuori dall’aula dell’Assemblea Regionale Siciliana (Ars).

Nonostante il voto contrario di Pd, Movimento 5 Stelle, Sud chiama Nord e il gruppo Misto, la maggioranza di centrodestra non è riuscita a trovare un accordo su un testo considerato da molti fondamentale per la modernizzazione delle istituzioni locali. Il presidente della commissione Affari istituzionali, Ignazio Abbate, cerca di restare ottimista, affermando: “Speriamo che la terza volta sia quella buona”, aggiungendo che il rinvio potrebbe offrire l’opportunità di ulteriori confronti con le opposizioni e con l’Anci. Tuttavia, queste parole non hanno cancellato la delusione che serpeggia tra i banchi del parlamento siciliano.

Il rinvio è stato visto da molti come un fallimento della maggioranza di centrodestra, incapace di gestire le proprie fratture interne. Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars, ha sottolineato l’evidente difficoltà della coalizione nel trovare una posizione comune. Al contrario, Stefano Pellegrino, capogruppo di Forza Italia, ha tentato di difendere la decisione del rinvio come un segno di “responsabilità e apertura a tutte le forze politiche”. Ma la realtà sembra indicare una maggioranza sempre più divisa.

Le opposizioni hanno colto l’occasione per attaccare duramente il governo regionale. Michele Catanzaro, capogruppo del Pd, ha accusato il governo Schifani di essere nel caos e di aver fallito su una riforma chiave. “Invece di pensare agli interessi dei siciliani e dei loro amministratori, si è pensato solo a soddisfare i singoli interessi di deputati e gruppi politici. È vergognoso il fatto che la norma sulla rappresentanza di genere sia stata affossata”, ha dichiarato, sottolineando come la Sicilia stia facendo una pessima figura a livello nazionale.

Fuori dall’aula, la delusione non è stata minore. Martedì, un nutrito gruppo di donne, associazioni e sindacati si era radunato in piazza del Parlamento per chiedere con forza l’approvazione della legge. “La Sicilia o è immobile o va indietro”, ha detto con rabbia Roberta Schillaci, deputata del Movimento 5 Stelle. “Quello che è successo è vergognoso e le donne non ci stanno a essere messe da parte”.

Anche all’interno del centrodestra si sono levate voci critiche, soprattutto da parte delle deputate. Marianna Caronia, capogruppo della Lega, ha espresso la speranza che la norma sulla parità di genere non sia stata la causa del rinvio, promettendo di proporre lo stralcio della norma per una discussione separata. “Non posso credere che il motivo del blocco sia legato alle donne”, ha detto. Anche Luisa Lantieri, vicepresidente dell’Ars e deputata di Forza Italia, ha commentato amaramente la situazione, sottolineando che una legge del genere avrebbe dovuto essere meglio condivisa e discussa all’interno della maggioranza.

Il rinvio del ddl enti locali è solo l’ultimo episodio di una serie di scontri interni che stanno mettendo in crisi la tenuta della coalizione di centrodestra. Ismaele La Vardera, del gruppo Misto, ha attaccato la maggioranza definendola “fratricida” e incapace di portare a termine persino i propri provvedimenti. “Questo governo tiene in ostaggio le riforme per i suoi continui conflitti interni”, ha affermato in aula, accusando il centrodestra di fallire costantemente sui suoi stessi progetti.

Adesso la maggioranza dovrà cercare di recuperare terreno, evitando ulteriori frizioni su temi caldi come le variazioni di bilancio e i disegni di legge in arrivo, tra cui quelli sul tema della casa e la prossima finanziaria. Tuttavia, le tensioni non sembrano destinate a placarsi, e i prossimi mesi si preannunciano complicati per il governo Schifani, che continua a scontrarsi con le sue profonde divisioni interne.

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Redazione