Apertura

Papa Francesco stabile, Bagnasco rassicura: «Nessun vuoto, la Chiesa non è un’azienda»

Dopo le critiche 24 ore seguite alla crisi respiratoria di venerdì, i medici del Policlinico Gemelli segnalano timidi miglioramenti. Papa Francesco, ricoverato da 16 giorni, non ha febbre né leucocitosi, segnali che riducono il rischio di nuove infezioni polmonari legate all’inalazione di vomito. I parametri emodinamici sono stabili, ma la prognosi resta riservata. La ventilazione meccanica non invasiva è stata alternata a ossigenoterapia ad alti flussi, con buoni scambi gassosi, a differenza di venerdì quando fu necessaria la maschera C-pap a copertura totale. Resta alta la cautela: servono almeno 48 ore per escludere complicazioni. Intanto, Bergoglio ha proseguito la fisioterapia respiratoria, collaborando attivamente, e ha mantenuto una routine ordinaria: colazione con caffè, pasti solidi senza flebo, lettura dei giornali e una breve preghiera nella cappella del decimo piano.

Nonostante l’assenza dall’Angelus (sostituito da un testo scritto), il Papa continua a guidare la Chiesa. Dal Gemelli ha firmato decreti di canonizzazioni, inviato messaggi ufficiali e approvato nomine episcopali, come quella del nuovo vescovo di Ajmer in India. Fonti vaticane sottolineano che ogni decisione è presa direttamente da lui, incluso il rinvio degli impegni pubblici. L’umore è buono, ma l’agenda è ridotta: niente udienze o lavoro intenso. Domenica, il personale del Gemelli avrebbe dovuto ricevere una benedizione giubilare: Francesco l’ha “presenziata” simbolicamente con la preghiera e l’offerta delle sue sofferenze. Intanto, la Curia procede senza intoppi, gestendo gli affari ordinari in attesa del suo ritorno.

Bagnasco smorza i rumors: «Nessun vuoto, la Chiesa non è un’azienda»
Il cardinale Angelo Bagnasco, intervistato, respinge ogni speculazione su dimissioni o successione: «Il collegio cardinalizio è compatto attorno al Papa. Preghiamo per una guarigione rapida». Sulla possibilità di un “dopo”, taglia corto: «La Chiesa non è un’azienda. Il Papa, anche in ospedale, resta l’anima della comunità: la fede non dipende dalla sua presenza fisica». Rassicura i fedeli: gli apparati vaticani operano in sintonia con le linee tracciate da Francesco, e la preghiera globale – dai rosari parrocchiali alle adorazioni – è un «abbraccio» che sostiene il pontefice. Sulle voci di una lunga degenza, minimizza: «Non cambia nulla. L’essenziale è la fede, non l’organizzazione». Conclusione netta: parlare di dimissioni è «fuori luogo». Pietro, ricorda, guidò la Chiesa tra prove ben più dure.

La questione delle dimissioni di un pontefice per motivi di salute non è senza precedenti, seppur rarissima. Nel 1294 Celestino V, accasciato dall’età e dalle pressioni, rinunciò al papato con una bolla che legittimò per la prima volta l’abdicazione. Nel 1415 Gregorio XII si dimise per porre fine allo Scisma d’Occidente, mentre nel 2013 Benedetto XVI lasciò il soglio per «forze che, per l’età avanzata, non sono più adatte», aprendo un dibattito sul “papa emerito”. E’ importante ricordare, che nessun pontefice nella storia moderna ha mai rinunciato al ruolo durante una crisi acuta, come quella che sta vivendo Francesco. E le parole di Bagnasco ribadiscono: oggi non è all’ordine del giorno.

Tra i possibili successori, i nomi circolano in sordina. Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, è visto come un mediatore capace di bilanciare riforme e tradizione. Matteo Zuppi, presidente della CEI, piace per il profilo pastorale e il ruolo di ponte con l’Africa. Dall’altra parte, i conservatori puntano su figure come il filippino Luis Antonio Tagle o l’africano Robert Sarah, mentre l’ala più progressista guarda a Jean-Claude Hollerich o all’argentino Víctor Fernández, nominato da Francesco alla Dottrina della Fede. Ma è tabù parlarne apertamente: «Il Collegio Cardinalizio non fa campagne», ricorda un porporato. Intanto, la macchina vaticana insiste: «Francesco guida, anche dal letto d’ospedale».

Mentre il Gemelli trattiene il respiro, la Chiesa naviga tra storia e futuro. Le dimissioni restano un’ipotesi remota, ma il conclave invisibile è già iniziato. Con una certezza: nessun nome emergerà finché Bergoglio sarà al timone, anche se fragile.

Share
Published by
Alfio Musarra