Papa Francesco torna a Santa Marta: due mesi di convalescenza e un pontificato ‘a ritmo ridotto’

Papa Francesco, dopo quasi quaranta giorni di ricovero al Policlinico Gemelli di Roma per una polmonite bilaterale, si appresta a lasciare l’ospedale e rientrare a Santa Marta. Al termine dell’Angelus, che non pronuncerà di persona ma sarà diffuso unicamente in forma scritta, il Pontefice – salvo imprevisti – dovrebbe affacciarsi da una finestra del Gemelli per impartire la benedizione ai fedeli, segnando simbolicamente la fine di una lunga degenza nel corso della quale ha vissuto, secondo i medici, “due momenti critici” in cui la sua vita è stata in pericolo. Pur non essendo mai stato intubato, Papa Francesco è stato sottoposto a cure intense e ora, dimesso in condizioni cliniche giudicate stabili, dovrà affrontare una convalescenza di due mesi.

I sanitari hanno raccomandato che durante questo periodo il Pontefice eviti grandi sforzi e incontri con gruppi di persone, mantenendo comunque una continuità operativa all’interno della residenza di Santa Marta. Bergoglio, che continuerà la fisioterapia motoria e respiratoria, riceverà ancora ossigeno “finché sarà necessario” e proseguirà la terapia farmacologica per bocca, dal momento che, durante il ricovero, i medici hanno dovuto debellare batteri e virus che avevano aggravato il quadro clinico, nonché infezioni di tipo fungino. Superata l’emergenza della polmonite bilaterale, la cui fase più acuta è ormai conclusa, il Papa rimane in ogni caso sotto costante osservazione. L’esperienza vissuta potrebbe ridefinire lo stile del pontificato di Francesco, che si annuncia meno dinamico e meno esposto agli eventi pubblici. In merito, il cardinale Leonardo Sandri, vice Decano del Collegio cardinalizio, ha ricordato come il Papa, in virtù della sua formazione gesuita, rispetti il valore dell’obbedienza: se durante il noviziato imparava a seguire le indicazioni del maestro, oggi farà altrettanto con i medici. Governare la Chiesa non richiede necessariamente la presenza fisica in ogni circostanza, e il Pontefice può continuare a ricevere documenti e svolgere parte dell’attività ordinaria anche restando a Santa Marta.

A esprimersi in questa direzione è anche il cardinale Anders Arborelius, arcivescovo di Stoccolma, secondo cui Francesco dovrà trovare “un altro modo di essere Papa”: meno viaggi e incontri, più preghiera e riflessione, maggiore concentrazione sugli aspetti centrali della missione pastorale. Un passo indietro dal punto di vista dell’impegno pubblico potrebbe tradursi in un messaggio più forte: le parole pronunciate o scritte dal Papa acquisterebbero un peso ulteriore, e il taglio più spirituale del suo ministero potrebbe intercettare con maggior efficacia le attese di un mondo in cerca di speranza.

In effetti, la stagione storica che stiamo vivendo è costellata da numerose tensioni: la guerra in Ucraina e la crisi nella Striscia di Gaza hanno accentuato la richiesta globale di parole di pace e di gesti di fratellanza. Il Papa, anche grazie a un “profilo” maggiormente contemplativo, potrebbe diventare un punto di riferimento ancora più forte per chi si sente disorientato dalla complessità del contesto internazionale. D’altronde, come sottolinea Arborelius, già nel Nord Europa e in ambienti secolarizzati ci si interroga sempre più spesso sul ruolo di un Pontefice che richiami ai valori fondamentali di dialogo e solidarietà.

A livello ecclesiale, i dodici anni di pontificato di Francesco hanno contribuito a mettere in luce cambiamenti profondi: in Europa e nel Nord America si osserva una Chiesa più piccola, ma forse più coesa; in America Latina, Africa e Asia, la vitalità delle comunità cattoliche è in costante crescita. Sotto il profilo dottrinale, il Papa non ha introdotto grandi rivoluzioni, ma ha mutato l’atmosfera ecclesiale, insistendo sul dialogo con tutti e su una dimensione pastorale centrata sull’ascolto e la misericordia.

Il ritorno in Vaticano di Bergoglio avviene alla vigilia della Pasqua, una delle principali solennità dell’anno liturgico. I medici non si sbilanciano sulla possibilità che il Papa presieda le celebrazioni, poiché tutto dipenderà dall’evoluzione delle sue condizioni di salute. Rimane inoltre aperta la questione di possibili viaggi futuri, un tratto distintivo di questo pontificato. Tuttavia, come ricorda Sandri, per secoli i Pontefici non hanno oltrepassato i confini romani e soltanto da Papa Paolo VI in poi sono iniziate le missioni internazionali. Per un Papa che ha fatto dell’uscire verso le “periferie” geografiche ed esistenziali un suo marchio di fabbrica, la prospettiva di dover ridimensionare l’agenda potrebbe apparire come una limitazione. Ma non è detto che il rallentamento dell’attività esterna equivalga a una diminuzione dell’influenza morale: al contrario, un pontificato più “interiore” potrebbe amplificare l’impatto dei messaggi di Francesco, spingendolo a pronunciarsi con ancora maggiore fermezza sulle questioni che gli stanno più a cuore, come la pace, l’attenzione per i poveri e la difesa del creato.

Il cardinale Arborelius intervista rilasciata a Repubblica, ricorda inoltre come alcuni temi restino sul tavolo, a prescindere dalla minore attività del Papa. Dalla benedizione delle coppie omosessuali, che in Europa ha suscitato dibattiti e in Africa si scontra con tabù culturali, fino alle discussioni sul diaconato femminile, la Chiesa sta affrontando sfide che toccano da vicino sia la dottrina sia la pastorale. Francesco, pur non avendo introdotto scossoni sul piano magisteriale, ha permesso che emergessero nuove istanze, incoraggiando il dialogo e la sinodalità. La polarizzazione tra una Chiesa “liberale” e una “tradizionalista” è particolarmente visibile nel contesto nordamericano ed europeo, mentre altrove la questione assume dimensioni meno marcate. Bergoglio ha cercato di offrire una linea pastorale aperta all’incontro, ma in alcuni casi questa apertura è stata fraintesa o criticata sia da chi vorrebbe una Chiesa più coraggiosa nelle riforme, sia da chi la considera eccessivamente lasca nel custodire la tradizione. Resta il fatto che lo stile di Francesco, fatto di gesti profetici e parole accorate, ha avvicinato molti, anche non credenti.

Il Cardinale Leonardo Sandri come detto, non esclude che durante i due mesi di convalescenza, possano venire ridotte le udienze e le occasioni di incontro. Resta però la possibilità per il Pontefice di governare la Chiesa e intervenire nelle questioni cruciali: la posta in gioco, in questo momento, è rendere il suo messaggio ancora più incisivo, trovando una forma di presenza diversa, ma non meno profonda. Anche per quanto riguarda il prossimo Giubileo, previsto per il 2025, si vedrà come il Papa deciderà di affrontare gli impegni in calendario. L’obiettivo rimane, in ogni caso, quello di invitare i fedeli a riscoprire l’essenza del Vangelo, in un contesto di preghiera, solidarietà e riconciliazione.

L’auspicio dei cardinali e di quanti circondano il Pontefice è che Francesco possa recuperare le forze e rientrare in pienezza nella missione affidatagli. E’ sempre più evidente che questo pontificato si appresta a vivere una fase nuova: meno “esposta”, più “raccolta”, ma non per questo meno significativa. Anzi, come sostengono i suoi sostenitori, potrebbe essere proprio questo periodo di rallentamento a dare maggiore risonanza alle parole e ai gesti di un Papa che, dal primo giorno, ha scelto di incarnare la vicinanza e la misericordia, soprattutto verso i più fragili e i più lontani.