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Papa Francesco ha affrontato, nei giorni scorsi, un percorso di cura attento e discreto al Policlinico Gemelli. Non ha desiderato trasferire con sé i suoi collaboratori più stretti, e ha continuato a lavorare dal letto d’ospedale: ha ricevuto la visita del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha mantenuto contatti con alcuni esponenti della Curia e non ha rinunciato neppure a qualche battuta di spirito. Sin dal principio, ha chiesto di evitare clamori e spettacolarizzazioni, e l’ospedale si è attenuto rigorosamente a questa linea di riserbo. Quando, però, sono iniziate a circolare voci di un possibile peggioramento, in Vaticano è calato un profondo silenzio. Alcuni cardinali hanno scelto di limitarsi a una preghiera, altri si sono trincerati dietro frasi di circostanza. Padre Antonio Spadaro, gesuita e da sempre collaboratore di Bergoglio, ha soltanto twittato l’icona di due mani giunte. Il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, da Bergamo, ha fatto sentire la vicinanza di tutta la Santa Sede, sottolineando l’importanza di una preghiera corale per la salute del Pontefice.
Nel frattempo, le discussioni sulle possibili dimissioni di Francesco o le ipotesi su futuri assetti di potere sono state messe da parte. Ciò che ora prevale è l’atteggiamento di attesa: tra le mura vaticane si nota una sospensione generale, che vede prelati e membri della Curia in un insolito riserbo. Le voci su un eventuale aggravamento delle condizioni del Papa, filtrate da fonti interne, si alternano a notizie più rassicuranti: c’è chi sostiene che la terapia fatichi a dare i risultati sperati e chi, invece, continua a descrivere Bergoglio come un uomo di grande tempra, deciso a tornare presto a Casa Santa Marta. Questa oscillazione tra apprensione e fiducia si coglie in ogni testimonianza: un sacerdote afferma di essersi sentito dire che “i germi sono particolarmente resistenti”; un cardinale, al contrario, si limita a un “affidiamoci a Dio” pronunciato con pacata tranquillità.
Lo stesso Pontefice, secondo quanto riportato dai medici, ha voluto gestire con grande trasparenza anche questa fase difficile. Ha chiesto di informare correttamente sulla sua condizione, ribadendo che bisogna essere pronti a ogni esito, positivo o meno. Nella conferenza stampa di venerdì, il professor Sergio Alfieri, chirurgo che ha più volte assistito papa Francesco, ha riferito le parole del Santo Padre: “Le porte sono aperte a tutte le possibilità”. In questa espressione si racchiude il senso di una situazione clinica complessa, in cui il cammino verso la guarigione non è scontato ma neppure compromesso in via definitiva.
L’agenzia ANSA ha diffuso una nota in cui vengono analizzate le informazioni del bollettino medico. A quanto sembra, il Papa avrebbe avuto una crisi respiratoria simile a un broncospasmo esteso, associato a un’insufficienza respiratoria che ha richiesto l’uso di ossigeno ad alti flussi. Gli specialisti stanno procedendo con terapie specifiche mirate a prevenire la ventilazione meccanica invasiva, considerata un’opzione più complessa e carica di rischi. Nel frattempo, è emersa anche una piastrinopenia e un’anemia tali da necessitare un’emotrasfusione completa, intervento che va oltre la semplice somministrazione di singoli componenti ematici. Se da una parte questa evidenza accresce le preoccupazioni, dall’altra gli esperti mantengono un cauto ottimismo, poiché tali procedure, per quanto delicate, rientrano nell’ambito di un trattamento intensivo che può dare risultati positivi.
La comunità cattolica, intanto, si unisce nella preghiera. In piazza San Pietro, affollata da visitatori e pellegrini, il rituale delle file per la Porta Santa e i movimenti dei volontari del Giubileo si intrecciano con le preghiere silenziose di chi si ferma a chiedere notizie o semplicemente riflette sullo stato di salute del Pontefice. All’interno dei palazzi apostolici, gli sguardi sono tesi, i commenti sono ridotti al minimo. Bergoglio è un Papa che non si è mai risparmiato, né nella cura pastorale né nella volontà di intervenire con riforme innovative, anche a costo di suscitare reazioni forti. Ora, la sua stessa salute è al centro dell’attenzione mondiale, e sono tanti a domandarsi se la sua proverbiale resistenza reggerà di fronte a questa prova, definita dallo stesso Papa come una soglia che può aprire a diversi scenari.
Alcuni confidano nella forza d’animo di Bergoglio e nella competenza dei medici, mentre altri esortano a mantenere uno stato di preghiera costante, ritenendo che ogni elemento, in questo frangente, possa fare la differenza. In un momento in cui la Chiesa cattolica è chiamata a riflettere sulla propria identità e sul suo impatto nel mondo, l’attenzione si concentra su un uomo che, in un letto d’ospedale, rimane comunque saldamente al timone della sua missione. Lo dimostrano le pochissime udienze private concesse, i sorrisi che trapelano da chi riesce a incontrarlo, la volontà di non lasciare che il vociare sul futuro del papato distolga dall’essenza del ministero petrino. La preoccupazione è grande, così come la speranza che, anche questa volta, Papa Francesco possa tornare a guidare una comunità di fedeli che lo attende e lo sostiene con affetto. Tutt’intorno, un silenzio carico di fede sembra avvolgere ogni cosa, e il sole che splende su piazza San Pietro accentua il contrasto tra la quotidianità dei turisti e la profondità di un dramma vissuto con riservatezza e coraggio. Il Papa, ancora una volta, affronta la prova con la determinazione che lo ha reso un punto di riferimento per credenti e non credenti in tutto il mondo.