Aperturedestra

Premierato: metà degli italiani favorevoli, cuori spezzati tra i partiti

Il progetto di riforma costituzionale promosso dal premier Giorgia Meloni intende rivoluzionare il meccanismo di nomina del capo del governo, trasformando il presidente del Consiglio in una figura «eletta direttamente» dai cittadini con poteri rafforzati. La proposta rientra in un più ampio fenomeno di personalizzazione della politica, che ha già investito i partiti — sempre più «a marchio leader» — e le istituzioni locali, con sindaci e governatori scelti dai votanti. Tra il 10 e il 14 febbraio 2025, Demetra ha rilevato, su commissione di Demos & Pi per La Repubblica, le opinioni di 1.004 cittadini italiani (margine di errore ±3,1%), risultate statisticamente rappresentative per età, sesso e distribuzione territoriale. Il 52% degli intervistati si è detto favorevole al premierato, il 44% contrario e il 4% indeciso. Il consenso, stabile attorno al 50%, oscilla lievemente senza guadagnare una maggioranza schiacciante.

Centrodestra: sovrano il consenso alla riforma. Tra gli elettori della Lega l’adesione supera l’82%; in Fratelli d’Italia e Forza Italia si attesta oltre il 72%. Anche tra i moderati di Italia Viva l’appoggio rimane vicino al 68%, mentre per Azione di Carlo Calenda raggiunge il 60%. Centrosinistra e aree civiche: il gradimento cala bruscamente. Movimento 5 Stelle e +Europa raccolgono circa il 45% di consensi. Nel Partito Democratico il dato scende al 38%, mentre tra gli elettori delle forze di sinistra (Articolo Uno, Sinistra Italiana) il sostegno si ferma attorno al 40%. Queste rilevazioni confermano che la questione non è solo tecnica ma riflette un reale divario di fiducia nei confronti del governo e del presidente della Repubblica. Indagini precedenti avevano già rilevato come il desiderio di eleggere direttamente il premier cresca tra chi ripone meno fiducia nel Quirinale, percepito come garante super partes.

La spinta verso il premierato nasce da un diffuso «sentimento presidenzialista»: molti elettori reclamano la figura di un capo carismatico e responsabile, capace di garantire stabilità e rapidità decisionale. Nei partiti «leader‑centrici» del centrodestra, questo modello è già un tratto consolidato: Berlusconi lo aveva introdotto negli anni ’90, Meloni lo rilancia oggi. Al contrario, negli schieramenti di centrosinistra e nella galassia civica, prevalgono timori di autoritarismo e perdita di contrappesi istituzionali. L’abbandono del sistema parlamentare puro rischierebbe di ridurre il Parlamento a mero arredo normativo, indebolendo il confronto politico e la funzione di controllo.

L’iter della riforma, nonostante l’etichetta di «madre di tutte le riforme», procede a rilento: all’esame delle commissioni si è unito il disegno di legge sulla separazione delle carriere dei magistrati, ritardando il voto definitivo. Se approvata in via ordinaria, la modifica dovrà poi essere sottoposta a referendum confermativo: un ostacolo non da poco, in un paese dove l’astensionismo sfiora ormai il 40% e in cui gli italiani sembrano sempre più distanti dai meccanismi politici. Oltre all’appeal elettorale, il premierato solleva questioni profonde: spostando il baricentro del potere dal Parlamento al singolo leader, si mette a rischio la natura rappresentativa della nostra democrazia. I partiti e i Canali di rappresentanza, già sotto attacco dalla disaffezione dei cittadini, verrebbero ulteriormente indeboliti. Il modello «verticale» che ne deriverebbe potrebbe favorire decisioni più rapide ma anche meno partecipate e controllate.

Alla luce di questi elementi, l’introduzione del premierato non appare solamente un’innovazione istituzionale: è un bivio per il sistema politico italiano, che dovrà valutare se cedere alla logica dell’«uomo solo al comando» o preservare un equilibrio di responsabilità e contrappesi, espressione di una democrazia pluralista.

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Published by
Alfio Musarra