Tar del Lazio: confermata la scelta di Francesco Curcio alla guida della Procura di Catania

Francesco Curcio rimane saldamente al vertice della Procura etnea. Con tre sentenze parallele, il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi presentati dagli allora procuratori aggiunti di Catania — Francesco Puleio (oggi a capo della Procura di Ragusa), Sebastiano Ardita e Ignazio Fonzo — che contestavano la delibera del Consiglio superiore della magistratura del 17 luglio 2024. Tutti e tre gli impugnanti sostenevano che Curcio non possedesse i quattro anni di esperienza direttiva necessari per concorrere al posto di procuratore capo, rilevando che la prima nomina a Potenza era stata annullata dal Tar per vizi formali.

La prima sezione del tribunale amministrativo (presidente Roberto Politi, a latere Filippo Mario Tropiano e relatore Alberto Ugo) ha invece ritenuto corretto il percorso seguito dal Csm, individuando tre punti chiave. Innanzitutto, la norma che prevede il quadriennio decorre dal giorno in cui il magistrato prende effettivo possesso dell’ufficio; Curcio ha esercitato ininterrottamente funzioni direttive dal 2018 al 2023, senza soluzione di continuità nonostante l’annullamento originario. In secondo luogo, il Tar ha escluso che il candidato abbia tratto vantaggio da un atto illegittimo, chiarendo che eventuali irregolarità procedurali ricadono sull’organo deliberante e non sul singolo magistrato. Infine, il collegio ha evidenziato che nessuna interruzione operativa si è verificata nel corso degli anni oggetto di contestazione e che, pertanto, i requisiti temporali risultano pienamente soddisfatti.

Curcio, insediatosi a piazza Verga l’11 novembre scorso, venne preferito a Puleio per un solo voto. A far discutere fu l’assenza della consigliera laica Rosanna Natoli, temporaneamente sospesa dopo il coinvolgimento nel caso della giudice civile Maria Fascetto Sivillo. Nel proprio ricorso, Puleio aveva sostenuto che la mancata partecipazione di Natoli avesse alterato la regolarità della seduta e che il suo eventuale voto avrebbe ribaltato l’esito. Il Tar ha definito «manifestamente infondate» tali contestazioni, osservando che si basano su affermazioni prive di riscontro documentale e su ipotesi di voto meramente congetturali. Con le tre pronunce, la querelle sembra avviarsi alla conclusione.