A Catania 20mila le firme contro l’autonomia differenziata
A Catania sono state poco meno di 20mila le firme contro l’autonomia differenziata raccolte attraverso i banchetti allestiti nelle piazze e nei luoghi pubblici (a queste firme si aggiungeranno quelle sottoscritte on line), dal Comitato referendario per l’abrogazione della legge Calderoli, meglio nota come la norma sull’autonomia differenziata delle regioni italiane. Del comitato fanno parte sindacati come la Cgil e la Uil di Catania, insieme con i partiti e le associazioni di “La via maestra” che hanno aderito al gruppo.
Oggi le schede partiranno per Roma, per poi essere consegnate al comitato promotore nazionale che, a sua volta, le consegnerà il 27 settembre, assieme a quelle raccolte in tutto il Paese, alla Corte di Cassazione. Un passaggio tecnico necessario che conclude una lunga e appassionata campagna fatta di incontri con cittadine e cittadini, manifestazioni e sit-in, tavole rotonde, approfondimenti e confronti pubblici affiancati da giuristi ed economisti. «Siamo arrivati a questo traguardo con tanta fatica ma anche con tanto orgoglio. Quando il nostro cammino comune, nei primi mesi del 2024, ha avuto inizio, avevamo di fronte un obiettivo difficilissimo – spiegano i segretari generali di Cgil e Uil, Carmelo De Caudo ed Enza Meli – e cioè spiegare alle singole persone cosa stava accadendo ai loro danni, cercando di unire la competenza del sapere giuridico alla passione della comunicazione politica e sindacale».
«Ci siamo riusciti – aggiungono De Caudo e Meli – perché Catania ha capito e a firmare sono state persone che votano in maniera diversa tra loro. Adesso la sfida è lottare per il “sì” al referendum. Non abbiamo perso un solo grammo di energia. Andremo fino in fondo».
Per il Comitato referendario per l’abrogazione della legge Calderoli sull’autonomia differenziata «siamo di fronte a una legge che non solo divide in due l’Italia sul terreno dei diritti essenziali come quello alla salute e all’istruzione, al lavoro e al contratto nazionale, ma la fa recedere sul terreno dello sviluppo».