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“Il Gattopardo” torna su Netflix: una storia di cambiamento e potere che parla al presente

A distanza di oltre sessant’anni dal celebre film diretto da Luchino Visconti e tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il 5 marzo arriva su Netflix la nuova serie evento “Il Gattopardo”. Ambientata in Sicilia durante i moti del 1860, la serie si propone di rileggere la storia di Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, attraverso una prospettiva contemporanea, esplorando il tema del cambiamento e del potere con una nuova chiave di lettura.

La storia ruota attorno alla figura di Don Fabrizio, interpretato da Kim Rossi Stuart (nel film del 1963 il ruolo fu di Burt Lancaster), un nobile siciliano che conduce una vita di lusso e privilegi. L’unificazione italiana, però, mette in crisi l’equilibrio dell’aristocrazia siciliana, minacciando il futuro della sua casata. Don Fabrizio si rende conto che, per sopravvivere ai cambiamenti politici, dovrà stringere nuove alleanze e accettare compromessi. In particolare, favorisce il matrimonio tra suo nipote Tancredi (interpretato da Saul Nanni) e la bellissima e ricca Angelica (interpretata da Deva Cassel), rompendo il cuore della sua amata figlia Concetta (interpretata da Benedetta Porcaroli), innamorata del cugino.

La serie è diretta da Thomas Shankland (episodi 1, 2, 3 e 6), Giuseppe Capotondi (episodio 4) e Laura Luchetti (episodio 5). Il cast di alto livello e la cura nella ricostruzione storica fanno della nuova produzione Netflix un prodotto di grande qualità, che punta a riportare in auge la storia de “Il Gattopardo” per una nuova generazione di spettatori.

Se il film di Visconti si concentrava sulla decadenza dell’aristocrazia siciliana e sul passaggio dalla monarchia borbonica all’Unità d’Italia come una finta rivoluzione, la serie amplia questa prospettiva, ponendo l’accento su dinamiche di potere e disuguaglianze ancora attuali. Il romanzo di Tomasi di Lampedusa raccontava come la nobiltà siciliana avesse accettato il cambiamento politico solo per mantenere i propri privilegi, lasciando spazio alla borghesia emergente senza un reale mutamento nei rapporti di potere. Lo stesso principio sembra applicabile alla società contemporanea, dove le grandi trasformazioni tecnologiche e sociali spesso non portano a un reale cambiamento strutturale, ma a una semplice sostituzione di potere.

Un esempio è la cosiddetta rivoluzione digitale. Piattaforme come Netflix e Sky hanno reso il cinema e le serie accessibili a milioni di persone, ma allo stesso tempo hanno concentrato il potere nelle mani di poche multinazionali, che controllano i contenuti e le dinamiche del mercato. Anche i social media hanno seguito un percorso simile: nati come strumenti di connessione tra le persone, sono diventati spazi dominati da algoritmi e interessi economici. Friendster (2002), MySpace (2003) e Facebook (2004) nacquero con l’idea di ricreare online le dinamiche sociali della vita reale, ma oggi il controllo di queste piattaforme è nelle mani di poche grandi aziende, che determinano le regole della comunicazione globale.

La serie “Il Gattopardo” mette quindi in luce una domanda fondamentale: il cambiamento è reale o è solo un’illusione? Proprio come l’aristocrazia siciliana accettò l’Unità d’Italia per preservare il proprio potere, oggi le nuove tecnologie e le trasformazioni sociali rischiano di mantenere intatte le vecchie dinamiche di controllo, cambiando solo i protagonisti al vertice della piramide.

Il Gattopardo, nel suo messaggio profondo, ci ricorda che “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Questo principio di apparente paradosso si riflette nella società contemporanea, dove il progresso tecnologico e culturale spesso nasconde una sostanziale continuità nelle dinamiche di potere e controllo. La nuova serie Netflix offre dunque non solo una rilettura di un classico della letteratura e del cinema, ma anche uno spunto di riflessione sulle trasformazioni del nostro tempo e sul loro reale impatto sulla società.

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Published by
Alfio Musarra