Manovra: la spesa per la sanità deve invertire la rotta e iniziare a crescere
La spesa per la sanità deve invertire la rotta e iniziare a crescere. Un aumento immediato sarebbe l’ideale per il governo, ma il Presidente del Consiglio sa che spingere troppo oltre potrebbe infrangere le nuove regole del Patto di Stabilità europeo, che vietano politiche fiscali troppo espansive.
Nonostante i vincoli, Giorgia Meloni è determinata a rispondere alla sfida di Elly Schlein, che ha proposto un incremento di quattro miliardi per il Fondo sanitario, il doppio rispetto a quanto previsto dal governo, per aumentare la spesa in rapporto al PIL già dal 2025. Questo è un punto critico per la destra, poiché, mentre il valore nominale del Fondo è previsto in crescita, l’incidenza della spesa sanitaria sul PIL è in declino. Secondo il Documento di economia e finanza di aprile, il rapporto scenderà dal 6,4% di quest’anno al 6,3% nel 2025-2026, per poi calare ancora al 6,2% nel 2027.
Questa tendenza rende difficile per il Presidente del Consiglio rivendicare che il suo governo sia “quello che ha investito di più nella sanità nella storia repubblicana”, come spesso dichiarato. Per contrastare l’offensiva politica lanciata da Schlein, che aveva accusato la premier di dare una “verità molto parziale”, Meloni vuole agire rapidamente.
Schlein aveva proposto di finanziare il Fondo sanitario “in maniera stabile”, puntando a una spesa del 7,5% del PIL entro il 2028, proposta che verrà rilanciata con la “contromanovra” del Pd. Nel frattempo, il Presidente del Consiglio ha incaricato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, di predisporre un piano di incremento graduale della spesa sanitaria, da includere nel Piano strutturale di bilancio che farà da base per la prossima manovra economica. Questo piano prevede un aumento della spesa sanitaria superiore a quella del PIL nominale, sfidando le nuove regole fiscali europee che impongono il contrario.
Tuttavia, raggiungere questo obiettivo richiederà il taglio di altre voci di spesa pubblica, un’operazione difficile poiché le principali voci di spesa includono pensioni, istruzione e sanità stessa. La decisione sarà formalizzata nel Piano fiscale-strutturale di medio termine che il Consiglio dei ministri approverà la prossima settimana.
Nel frattempo, in Sicilia, la situazione sanitaria è particolarmente critica. La regione soffre di gravi carenze di personale medico e infermieristico, mentre molte strutture sanitarie sono in condizioni difficili, con ritardi negli investimenti e servizi spesso insufficienti a garantire un’adeguata assistenza ai cittadini. Per quanto riguarda la Sicilia, proprio in questi giorni l’assessorato della Salute ha completato con la nomina dei direttori sanitari e amministrativi il management, che davanti avrà delle sfide non indifferenti, tra cui il primo obiettivo di ridurre le liste di attesa, un problema che richiede ingenti investimenti per essere affrontato efficacemente.
Inoltre, il Presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, in una lettera inviata al Giornale di Sicilia, si impegna a proporre una modifica legislativa per la selezione di figure strategiche nel settore della sanità pubblica, affinché vengano individuate attraverso “selezioni pubbliche”. Schifani chiede anche a tutti i partiti di evitare il ricorso al “killeraggio del voto segreto”, che in Sicilia può essere richiesto su ogni argomento, a differenza di quanto avviene nel Parlamento nazionale. “Proporrò criteri più rigorosi per la governance degli enti regionali,” aggiunge Schifani, “e mi opporrò all’aumento delle poltrone negli enti locali, anche se a costo zero, per dare un segnale di sobrietà e responsabilità ai nostri cittadini.”
La crisi della sanità siciliana riflette le difficoltà più ampie del sistema sanitario nazionale, in cui la domanda crescente di risorse supera di gran lunga le disponibilità attuali.