Anno giudiziario: Pennisi, “le mani della mafia sulle risorse per il rilancio”
“La Dda di Catania ha ritenuto assolutamente necessario monitorare le opportunita’ di infiltrazione dei sodalizi mafiosi nelle attivita’ imprenditoriali medio-piccole ed il conseguente rischio, vieppiù aumentato a causa dei devastanti effetti economici della pandemia, che le stesse vengano fagocitate dalle consorterie malavitose, diventando strumento per il riciclaggio ed il reimpiego di capitali illeciti”. Lo ha detto, inaugurando l’anno giudiziario, il presidente della Corte d’Appello di Catania Filippo Pennisi.
“Suscita ulteriore preoccupazione, poi – ha proseguito Pennisi – l’interesse dei clan per le risorse stanziate per il rilancio del Paese, manifestato attraverso condotte frodatorie o corruttive, commesse anche con la compiacenza di professionisti ed imprenditori apparentemente estranei alle logiche criminali, e finalizzate al drenaggio dei fondi di sostegno destinati alle imprese, per contenere gli effetti negativi dell’emergenza sanitaria. Nonostante la loro decimazione a seguito dei numerosi provvedimenti restrittivi, i clan mantengono nel medio periodo una composizione numerica pressoché inalterata, in seguito al continuo ingresso di nuova manovalanza criminale, proveniente dalle sacche di emarginazione e sottosviluppo radicate nelle periferie degradate, mai rimosse ed anzi in via di aggravamento per la perdurante crisi economica (ulteriormente appesantita dalla pandemia) e per le conseguenti difficoltà occupazionali”.
“Non puo’ non continuare a segnalarsi anche quest’anno il fatto che l’andamento della giurisdizione civile e penale nel distretto e’ remorato dalle limitazioni organizzative derivanti dai vuoti d’organico del personale di magistratura che continuano ad affliggere, in misura maggiore o minore, gli uffici del Distretto”. “l’inadeguatezza dell’attuale (pur aumentata di tre unita’) pianta organica rispetto ai reali flussi daffari (specie se messi in comparazione con quelli di altri tribunali medio-grandi, con particolare riguardo alla sezione lavoro), pone significativamente l’accento sul fatto che sia le significative scoperture di organico che gli incerti tempi di copertura dei posti vacanti incidono pesantemente sull’organizzazione dell’ufficio, sulla programmazione dell’attivita’ giudiziaria e in definitiva sulla produttivita’ dei magistrati, costringendo a “piani di gestione” dell’arretrato basati su dati e risorse spesso destinati a mutare nel corso del periodo di vigenza”.
“L’anno giudiziario in esame – ha premesso Pennisi – e’ stato interamente caratterizzato dal perdurare dalla nota emergenza sanitaria, ancora presente e prorogata fino al prossimo 31 marzo. Accanto alla prioritaria preoccupazione dei capi degli uffici giudiziari di tutelare la salute di ciascun operatore e quella collettiva, in luoghi di lavoro particolarmente esposti ai rischi del contagio, specie laddove la situazione logistica ha reso e rende problematico il rispetto delle prescritte regole di distanziamento sociale, va evidenziato come la persistenza di tale difficile situazione generale abbia comportato il consolidamento di molte delle prassi sperimentate gia’ nel corso del precedente anno”.
“Il contrasto alla violenza di genere non puo’ essere affrontato o risolto solo per via giudiziaria: anzi, proprio i due recentissimi episodi di femminicidio ai danni di Vanessa Zappala’ e Ada Rotini o anche gli analoghi delitti commessi da soggetti dopo avere scontato la pena per i reati di maltrattamenti o stalking manifestano la necessita’ di mirati interventi istituzionali, finalizzati ad un radicale cambio culturale della societa’ ed al recupero del soggetto maltrattante”. “Sempre nella prospettiva del recupero del maltrattant – ha aggiunto – appare opportuno che il legislatore preveda a carico del soggetto ammonito dal Questore l’obbligo (anziche’ la mera facolta’) di sottoporsi ad un programma di recupero”.