Bancarotta e riciclaggio, eseguiti dieci provvedimenti
Questa mattina, oltre 60 finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, hanno eseguito, nella provincia etnea, a un´ordinanza con cui il gip catanese, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ha disposto misure cautelari personali e reali nei confronti di 10 persone indagate, a vario titolo, per di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio, aggravati dal metodo mafioso e dal fine di agevolare il clan mafioso Pillera-Puntina.
Quattro indagati in carcere e sei agli arresti domiciliari nell’operazione della guardia di finanza di Catania, con il sequestro preventivo, anche per equivalente, di beni per un milione e 250 mila euro. L’indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania e dalla Compagnia di Acireale delle fiamme gialle, e’ partita dalle risultanze investigative emerse dal fallimento a fine 2018 di una societa’ a responsabilita’ limitata di Pedara che si occupava della installazione e manutenzione per impianti telefonici.
I quattro amministratori di fatto e in diritto della societa’ erano gia’ stati accusati di avere distratto i beni aziendali della fallita a beneficio di un nuovo organismo societario, con sede legale a Trecastagni, riconducibile agli stessi. Il gip aveva disposto, tra l’altro, il sequestro preventivo dell’intero compendio aziendale dell’impresa neo costituita in quanto nata per sostituirsi alla societa’ di Pedara, con ingenti debiti erariali per circa 8 milioni di euro, nel business dei contratti di servizi nel settore delle telecomunicazioni.
Con il travaso pressoche’ totale dell’operativita’, dei beni, dei dipendenti e dei relativi immobili dall’una all’altra impresa, il fatturato della prima sarebbe stato azzerato a favore della seconda la quale, parallelamente, avrebbe registrato una crescita esponenziale e proporzionale all’entita’ dei contratti ereditati dalla fallita. Successivamente, nel 2021, a seguito di segnalazione dell’amministratore giudiziario nominato per la gestione della societa’ sequestrata, che evidenziava un progressivo calo delle commesse in favore della stessa, le fiamme gialle etnee hanno svolto ulteriori indagini al cui esito sarebbe stato rilevato il medesimo schema di svuotamento dell’operativita’ aziendale, gia’ adottato con la prima societa’ di Pedara, a danno dell’azienda in amministrazione giudiziaria mediante il progressivo impoverimento dei pacchetti di contratti di prestazione di servizi in essere con un importante operatore economico attivo nel settore delle telecomunicazioni, dirottati in favore di due nuove realta’ imprenditoriali: una Srl con sede a Mascalucia e socio unico un soggetto legato da stretti vincoli parentali con la famiglia Pillera (figlio della sorella del capo clan Turi Pillera, detto “Turi Cachiti”) e una ditta individuale con sede a Misterbianco, costituita ad hoc e solo formalmente rappresentata da un soggetto estraneo alla famiglia mafiosa.
Secondo l’accusa, queste imprese, sebbene apparentemente di terzi, di fatto sarebbero risultate riconducibili alla stessa compagine gestionale del gruppo riconducibile a quel clan mafioso, che era stato allontanato dalla societa’ sotto il controllo giudiziario. Il progressivo calo di fatturato dell’impresa in amministrazione giudiziaria avrebbe determinato gravi problemi di solvibilita’, al punto da condurre alla declaratoria di liquidazione giudiziale nell’ottobre 2023 a seguito di istanza di auto-fallimento promossa dallo stesso amministratore giudiziario su autorizzazione del locale gip. In merito, le ulteriori indagini hanno permesso di ricostruire la galassia di societa’ operanti nel settore delle telecomunicazioni in sub-appalto, tra cui le 4 imprese, risultate riconducibili a persone legate da vincoli di sangue e di solidarieta’ criminale al clan mafioso.
Secondo la ricostruzione, le stesse aziende sarebbero state inoltre utilizzate alla stregua di strumenti di riciclaggio per immettervi i beni e i proventi oggetto di distrazione a danno delle societa’ poi fallite. Sarebbero stati inoltre acquisiti elementi di riscontro alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, gia’ esponente di spicco dell’associazione criminale, che avrebbero confermato la strettissima correlazione esistente tra le diverse compagini societarie susseguitesi negli affidamenti e il disegno criminoso volto allo svuotamento del pacchetto dei contratti e dei lavori dalle fallite alle altre imprese riconducibili al gruppo. Sarebbe infine emerso come gli affidamenti alla societa’ di Trecastagni in amministrazione giudiziaria non si fossero del tutto azzerati, solo per la volonta’ di alcuni dirigenti e lavoratori dell’operatore economico appaltante, di non dare luogo ne’ rendere troppo evidente all’esterno la totale estromissione dell’impresa dalle relative commesse.
Cio’ al fine, da un lato, di evitare sospetti negli organi giudiziari e nelle forze di polizia e, dall’altro, di tentare di riacquisire il controllo diretto o indiretto della societa’ sottoposta alla gestione dell’amministratore giudiziario. Questi dirigenti e dipendenti delle societa’ appaltante nonche’ i dipendenti dell’impresa appaltatrice poi fallita sono indagati, in concorso con gli indagati principali, per le condotte distrattive e di riciclaggio. Disposta la a custodia cautelare in carcere nei confronti dei 4 indagati principali; gli arresti domiciliari a carico di altri 6 indagati: il legale rappresentante della ditta individuale di Misterbianco, due dipendenti della societa’ fallita di Trecastagni, un dirigente e due dipendenti dell’operatore economico affidatario delle commesse alle societa’ riconducibili al sodalizio criminale.