Catania

Cna Catania, “siamo energia”

Giornata densa di idee e spunti di riflessione quella organizzata da Cna Catania a Palazzo della Cultura, dove si è tenuta l’assemblea territoriale 2023 dell’associazione degli artigiani, consueto appuntamento annuale per fare il punto politico-economico sulle esigenze della categoria. “Siamo energia” il titolo dell’evento, con al centro la necessaria riflessione su crisi energetica, inflazione come in Italia non si vedeva da decenni (specie riguardo l’ormai vertiginoso aumento dei costi legati all’elettricità e al gas), le soluzioni ragionevolmente ipotizzabili per venire incontro alle ormai da anni crescenti difficoltà delle piccole e medie imprese, ma anche autoproduzione e comunità energetiche, un modello quest’ultimo di grande intelligenza sociale che deve essere per forza sviluppato e implementato per un futuro sostenibile a 360 gradi.

«Non abbiamo scelto a caso “Siamo Energia” per il nostro momento di confronto pubblico», ha esordito Floriana Franceschini, presidente territoriale di Cna Catania, «ma volevamo proprio dare una valenza diversa al termine “energia”, usato come “sentiment”, come potenziale dei nostri imprenditori per svolgere appieno la loro attività. Perché è innegabile come oggi serva tutta l’energia possibile per sopportarne il costo in bolletta, costo che francamente è diventato insostenibile».

«Non possiamo non denunciare con forza», ha proseguito la Franceschini, «lo stato di difficoltà che i nostri imprenditori stanno affrontando, ma Cna svolge, come sempre, tale compito alla sua maniera, canalizzando le forze verso un confronto costruttivo e propositivo. Le nostre proposte hanno un focus orientato verso il comparto dell’artigianato e delle piccole imprese, che rappresentano un eccezionale patrimonio per l’Italia che non possiamo permetterci di disperdere. Ogni proposta che avanziamo – sia chiaro – deve però trovare validi interlocutori, altrimenti tutto è vano! Per tale motivo abbiamo voluto trasformare la nostra assemblea in una vera e propria agorà, nella quale consentire agli ospiti di confrontarsi fra loro e con noi».

«Cna chiede dunque alla politica, nazionale italiana e regionale siciliana, di introdurre incentivi fiscali seri per l’installazione di impianti fotovoltaici sui capannoni dei punti produttivi», ha concluso il presidente di Cna Catania, «al fine di creare l’energia destinata all’autoconsumo. L’obiettivo, sfruttando opportunamente le superfici messe a disposizione dalle pmi, è di avere nel breve-medio periodo una sorta di “campo fotovoltaico diffuso”, con una potenza tale da consentire alle aziende di ricavare dall’autoproduzione quasi il 50% del fabbisogno energetico aziendale. Otterremmo così vantaggi non solo per le imprese, ma anche per l’ambiente e per la collettività, per la diminuzione delle emissioni che alterano il clima e la salubrità dell’aria e per la diminuzione della dipendenza da fonti fossili. In sintesi, la nostra proposta è istituire un credito d’imposta del 50% per le spese sostenute per l’installazione di impianti destinati all’autoproduzione delle imprese. La speranza è che la misura sia accompagnata da un iter burocratico snello e semplificato».

Nel suo l’intervento, Nello Battiato, presidente di Cna Sicilia e per due mandati già presidente provinciale etneo, ha evidenziato come «la partecipazione nutrita degli iscritti all’evento sia termometro vero, reale e attendibile del lavoro fatto. Le assemblee sono certificazione di democrazia. La parola “energia” in questo momento della storia impatta negativamente nell’immaginario collettivo. Servono urgentemente interventi strutturali e non emergenziali per riportare i prezzi alla normalità».

Durante la tavola rotonda, Marco Falcone, assessore all’Economia della Regione Siciliana, ha parlato del massiccio intervento negli ultimi tempi della Regione a sostegno dell’economia dell’Isola, «con tutti i nostri limiti e tutte le nostre difficoltà». «Vi sono 200 milioni di euro che, se lo Stato ci autorizza», ha dichiarato Falcone, «possiamo girare alle imprese a breve. Mai come in questo momento i conti delle famiglie e delle aziende sono assottigliati dall’inflazione ed è chiaro che servono subito correttivi. Noi siamo attenti alle esigenze dei territori e vogliamo con le associazioni un serrato e proficuo confronto. Stiamo mettendo nella legge di stabilità risorse non come fondo di rotazione, ma con un automatismo in base al numero di cittadini di ogni Comune».

Rispetto al problema dei crediti bloccati nei cassetti fiscali degli imprenditori, Falcone si è impegnato a verificare la possibilità che la Regione possa acquisirne una parte, tentando di porre rimedio a una situazione ormai surreale.

Dal canto suo, Marco Romano, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese presso l’Università degli Studi di Catania, ha spiegato come «a volte la teoria si scontri con la realtà. Teoria e pratica possono andare contro, altro che. Attenzione, dunque, a pensare che talune misure del governo Conte fossero sempre sostenibili, come i bonus. La partita economica mal si coniuga con la partita finanziaria, infatti. “Cash is King” si dice in America per evidenziare l’importanza per un imprenditore di avere soldi in tasca. Serve allora puntare su misure auto-liquidanti, perché di questo hanno bisogno le piccole e le medie imprese, di liquidità. E c’è da ragionare anche sulla effettiva bancabilità/finanziabilità dei crediti d’imposta, fortemente a rischio per una discutibile programmazione degli incentivi».

Michelangelo Giansiracusa, sindaco di Ferla, nonché presidente regionale dell’Associazione borghi più belli d’Italia, ha sottolineato come quello delle comunità energetiche sia «un vero e proprio tema di realtà. Non attivare una simile innovazione è follia. Vi sono le risorse disponibili per una infrastrutturazione immateriale dentro la cui cornice le comunità, che stanno cambiando e stanno innovandosi, possono tornare a parlare. E qui in Sicilia quando ci si riesce a parlare le cose accadono». Giansiracusa è un ottimo esperto dell’argomento, visto che Ferla è il primo Comune siciliano ad aver dato vita a una Cer, Comunità energetica rinnovabile.

Per Gianni Pietro Girotto, già senatore della Repubblica per il Movimento 5 Stelle, “padre” di fatto della legge nazionale sulle comunità energetiche, «sull’energia lo status quo non vuole mollare l’osso. Ma Cna deve continuare il lavoro nella direzione intrapresa, in intesa con le altre associazioni. Perché, attenzione, nel momento in cui le associazioni su di un tema escono fuori con posizioni e richieste differenti, la politica con la “p” minuscola è a posto, per modo di dire. Se invece la filiera esce compatta, la politica ha più difficoltà a non rispondere. In ogni caso, bisogna capire come in campo energetico l’unica soluzione strutturale ragionevole sia rappresentata dalle rinnovabili».

Un conto tecnico a dir poco avvilente quello presentato alla platea da Andrea Milazzo, segretario di Cna Catania: «il costo che le micro e le piccole imprese pagano per l’uso dell’energia nel processo produttivo ha sempre rappresentato un elemento di criticità anche in condizioni normali e tante volte Cna ha denunciato come nelle fasce più basse di consumo si annidino i costi più elevati per unità energetica consumata. Tante volte abbiamo segnalato che le piccole imprese italiane spendono per l’energia molto più dei competitor più grandi a livello nazionale ed estero».

Entrando più nel dettaglio, Milazzo ha spiegato che «nel 2021 il costo di un MWh per le micro e piccole imprese è risultato pari a 327 euro, mentre le imprese energivore hanno pagato 135 euro per MWh. Nel 2020 le mpi pagavano per KWh 278 euro, le energivore solo 73 euro. Ciò avviene per il modo in cui la bolletta è strutturata. Per i piccoli utenti, infatti, il costo dell’energia consumata non rappresenta mai più del 50% del prezzo finale, mentre il resto viene pagato per tasse, oneri vari e costi di distribuzione. Per le imprese cosiddette energivore, invece, la ripartizione è ben diversa e l’energia effettivamente consumata rappresenta quasi l’80% dell’importo complessivo della bolletta. Oggi ci troviamo però in una situazione mai sperimentata prima, dove anche le nostre analisi, seppur giuste e da riaffrontare in un futuro normalizzato, appaiono superate dall’intensità dell’allarme energetico e dal suo riverbero sulle imprese. È chiaro come l’incidenza del caro bollette non sia stata uguale in tutti i comparti imprenditoriali».

Per Milazzo, «se andiamo ad analizzare l’impatto degli aumenti sui costi totali di produzione per moltissimi comparti del nostro tessuto imprenditoriale, dove il peso energetico è particolarmente elevato, la situazione è da allarme rosso. In assenza dei sostegni opportuni e assolutamente necessari da parte delle istituzioni, come da stima del nostro centro studi, il 13% delle piccole e medie imprese italiane non sarà più in grado di proseguire l’attività. E un altro 20% sarà costretto a ridurla, con conseguenze anche sul piano occupazionale. Ovviamente, c’è da preoccuparsi che al Sud e soprattutto in Sicilia queste percentuali possano essere più elevate. Anche ben più elevate. Crediamo dunque sia necessaria una riconsiderazione del concetto stesso di “azienda a elevata intensità energetica” utilizzata dal Ministero dello Sviluppo economico. Oggi, infatti, sarebbe più opportuno parlare di “azienda a elevata spesa energetica”, in considerazione appunto dell’incidenza della bolletta sui costi totali di produzione. Al punto in cui siamo, riteniamo necessario basare aiuti e sostegni su questo diverso indicatore per sostenere le piccole aziende, che risultano sì “energivore”, almeno relativamente alla struttura dei costi interni».

«Oggi non possiamo non evidenziare come quasi tutto il sistema imprenditoriale abbia dovuto sopportare fortissime riduzioni dei margini e gravissimi problemi di liquidità», ha proseguito Milazzo, «visto che la crisi energetica si è manifestata dopo lo shock pandemico che a sua volta era avvenuto dopo anni di stagnazione progressiva». Amare considerazioni quelle del segretario etneo, per il quale. Il Paese, per aumentare rapidamente la produzione da fonti di energia rinnovabili, dovrebbe “ingaggiare” le pmi, sfruttandone i grandi numeri, l’ampia diffusione territoriale, la presenza di immobili idonei per ospitare gli impianti fotovoltaici, la disponibilità e il cointeresse degli imprenditori a investire a fronte di un ritorno concreto in termini di riduzione dei livelli attuali di incertezza e di abbattimento dei costi. Si tratta di valorizzare il patrimonio nazionale di immobili a uso produttivo, che sfiora le 800mila unità ed è detenuto per circa il 70 % dalle pmi. Coinvolgendo 200mila pmi, potremmo generare una potenza ulteriore di 8.700 MW, che ridurrebbe di circa 1 miliardo di metri cubi il consumo di gas. Per questo diventa fondamentale che vengano adottate adeguate misure di agevolazione anche dalla Regione attraverso i suoi enti finanziari Irfis e Irca».

Un quadro di allarme alto è stato anche illustrato nelle sue conclusioni da Dario Costantini, presidente nazionale della Cna. «La Sicilia è una terra che apprezzo», ha esordito, «fatta di imprenditrici e imprenditori innovativi. Nel mio primo anno di mandato ho voluto l’assemblea nazionale a Taormina».

«A Catania si è ragionato di energia», ha evidenziato Costantini, «un tema molto caro alla nostra gente. Riteniamo che le donne e gli uomini che noi rappresentiamo siano quelli che oggi più di altri stanno soffrendo di caro energia. Purtroppo, facciamo impresa in un Paese dove si continua a parlare semplicemente di imprese energivore, mentre non si nota che nell’economia reale il problema vero è la spesa dell’energia all’interno dei bilanci delle aziende. Questa cosa la soffrono soprattutto le imprese che noi rappresentiamo. Faccio un esempio molto semplice, alla portata di tutti: se in una tinto-lavanderia la spesa energetica prima rappresentava il 20%, ora rappresenta il 50%. Ciò vuol dire fare chiudere le attività».

Share
Published by
Redazione