“Me lo hanno chiesto in tanti: amici, conoscenti, colleghi. E lo sento come un dovere, non come un piacere. Ci ho pensato, ma neanche tanto e alla fine ho detto: basta mi candido! Anche perché ho visto quello che c’è in giro. In questa città non è cambiato molto”. Lo afferma l’avvocato Giuseppe Lipera annunciando, in un’intervista a La Sicilia, la sua candidatura a sindaco di Catania. Il penalista, che ha difeso, tra gli altri, Antonino Speziale e Bruno Contrada, ha un passato in consiglio comunale a Palazzo degli Elefanti: il 14 ottobre del 1988 subentrò a Marco Pannella, a cui vuole intitolare una strada della città, che era stato eletto nella lista dei Radicali. Rimase in carica fino a conclusione del mandato, nel 1992.
“La città è come una casa, una famiglia – dice Lipera – ci sono i genitori, i figli, i nipoti, in qualche caso anche i nonni e ci si confronta, si litiga. Ma se accade – come accade alla città – che la casa sta crollando, non si può litigare. Prima sistemiamo la casa e poi torniamo a confrontarci. Qui si vive di degrado. Una città in cui ha inciso molto la mancanza di potere, di una guida e in cui vige un’anarchia assoluta». «Non mi interessano i partiti – sottolinea Lipera – chiunque vuole appoggiarmi lo può fare, ma se pensa che in compenso avrà qualcosa se lo può dimenticare. Non ho ancora incontrato nessuno. Basta a queste persone che vogliono sempre scendere a compromessi, fare aggiustamenti, io ti appoggio però in cambio voglio questo o quello. La spazzatura, le strade, il disagio non sono problemi né di Destra, né di Sinistra. E ho pensato – rivela il penalista – che, se eletto, vorrei nominare prosindaco Nello Trantino, che era nel partito monarchico con mio padre e che conobbi da bambino e sappiamo che è di Destra. A Sinistra, come vicesindaco mi piacerebbe avere Giuseppe Beretta che oltre a essere il nipote dell’avvocato Andrea Scuderi è il pronipote di Giovanni Motta, uno dei più grandi penalisti avuti in città. Questo – ribadisce Lipera – per testimoniare qual è la mia idea per restaurare questa casa, la città, che è in malora».