La vicenda giudiziaria dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo potrebbe non essere finita qui. Dopo 12 anni. Secondo il quotidiano “La Sicilia”, infatti, la procura generale di Catania ha infatti depositato il ricorso in Cassazione per impugnare la sentenza della prima sezione della corte d’Appello, che lo scorso 7 gennaio aveva assolto l’ex Governatore per i reati di concorso esterno e corruzione elettorale.
Il ricorso, secondo quanto scritto dai magistrati Sabrina Gambino e Agata Santonocito, si basa su un’assoluzione avvenuta con motivazioni “assolutamente frammentarie”, si legge, che “ignora molteplici elementi di prova acquisiti e mostrati durante il processo a carico dell’indagato”. Sempre la procura scrive: “Cosa Nostra non regala niente, soprattutto l’appoggio alle elezioni”.
Per la seconda volta era arrivato un pronunciamento della corte d’appello per l’ex Presidente della Regione Raffaele Lombardo: non ci fu concorso esterno alla mafia ne corruzione elettorale. La Corte ha deciso per il rinvio L’inchiesta, che in dieci anni di udienze ha portato a due sentenze ‘contrastanti’ e a un annullamento con rinvio della Cassazione, è stata istruita su indagini dei carabinieri del Ros di Catania su rapporti tra politica, imprenditori, ‘colletti bianchi’ e Cosa nostra.
La Procura, con i Pm Sabrina Gambino e Agata Santonocito, aveva chiesto la condanna dell’ex governatore a sette anni e quattro mesi di reclusione. Al centro del processo, che si era celebrato col rito abbreviato, i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei che l’ex leader governatore ha sempre negato sostenendo di avere “nuociuto alla mafia come mai nessuno prima di me. Per questo i suoi legali, gli avvocati Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello, hanno chiesto l’assoluzione del loro assistito “perché il fatto non sussiste”. E adesso la Corte d’Appello gli ha dato ragione
Il procedimento ha anche trattato di presunti favori elettorali del clan a Raffaele Lombardo nelle regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello Angelo, processato separatamente, per le politiche dello stesso anno. Anche questi favori elettorali sono stati dichiarati inesistenti in sentenza. La Seconda sezione penale della Cassazione, tre anni fa, aveva annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa.