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Processo Lombardo, la sentenza

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Domani sarà scritta dalla Corte d’appello di Catania l’ennesima parola fine sul processo a carico dell’ex Presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso. Un procedimento aperto dopo l’annullamento con rinvio della Suprema Corte di Cassazione della sentenza di secondo grado che aveva visto il politico catanese assolto dall’accusa di concorso esterno e condannato a due anni, con pena sospesa, per corruzione elettorale aggravata ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che a sua volta aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi.

Al termine della requisitoria, le due rappresentanti dell’accusa, Agata Santonocito e Sabrina Gambino, dopo avere ripercorso i passaggi più importanti delle sentenze che si sono fin qui alternate, hanno chiesto per Lombardo, che è sempre stato presente alle udienze, la condanna a sette anni e 4 mesi. La Procura generale si è soffermata nelle valutazioni sul capo di imputazione sottolineando come “il concetto di rafforzamento dell’associazione, può trovare sotto il profilo plastico un esempio guardando al mondo della finanza. Pensiamo a cosa accade nel mondo della finanza alle quotazioni in borsa ogni qual volta vengono diffuse notizie su alleanze, fusioni o separazioni”.

“Lo scorso anno, quando si diffuse la notizia della fusione dell’alleanza tra Fiat e Peugeot, le azioni facenti capo al gruppo Fiat Chrysler volarono. Quell’accordo, che poi non è avvenuto, ha avuto l’effetto di far volare le azioni. Questo è quello che riteniamo sia accaduto in concreto in riferimento a un gruppo criminale che si trova a giocarsi, dalla sua, un patto sinallagmatico. E questo è l’effetto che questo patto può avere per l’associazione Cosa nostra”.

Secondo la ricostruzione del Pg “non è tanto importante concentrarsi se si sia tenuto o meno il summit mafioso alla presenza di Lombardo”, come indicato nella sentenza di primo grado, ma guardare al fatto complessivo come “tante tessere del mosaico”. Parole che Lombardo ha respinto. “Semplicemente assurda questa richiesta di pena a sette anni e quattro mesi”, aveva detto all’Adnkronos all’uscita dall’aula. ”Da undici anni aspetto di sapere quali affari, quali appalti, concessioni o autorizzazioni io avrei dato a questi signori”, si sfogò in quella occasione in una intervista.

”Gli ho fatto danno, prima e dopo le elezioni regionali del 2008, nessuno ha votato per me perché hanno votato per altri- diceva ancora Lombardo -Il reato di concorso esterno non è che non esiste ma voglio capire chi lo ha fatto. Dovrebbero solo dirci se sono lo pseudonimo di qualcun altro, se hanno scambiato persona se mi hanno scambiato per un altro”. E sulla richiesta di pena aggiungeva: ”inventato il reato, inventato l’appoggio, inventati i favori e l’accusa e di conseguenza anche la pena…”.

All’ultima udienza, al termine delle repliche, la difesa di Lombardo, rappresentata dagli avvocati Vincenzo Maiello e Maria Licata, aveva chiesto l’assoluzione ”perché il fatto non sussiste” dell’ex Governatore regionale siciliano. ”La Procura generale sa non c’è una sola azione di Lombardo che possa essere contestualizzata all’interno dell’organizzazione criminale – ha detto la legale durante le repliche alla Procura generale- l’imputato può essere simpatico o antipatico ma non importa, nel processo dobbiamo dimostrare delle condotte. Servono delle prove”.

Lombardo in più occasioni ha ribadito che “sono state dette molte cose non vere smentite per tabulas dall’attività che ho condotto come presidente della regione e come amministratore locale”. “Dopo undici anni di processo, basato solo su falsi pentiti , attendo di sapere cosa avrei pattuito, quali vantaggi gli avrei procurato e quali consensi ne avrei avuto . Mentre so i danni che gli ho arrecato”. “Continuo ad avere come ho sempre avuto fiducia nella giustizia e confido che presto la verità venga ristabilita”.

Nel corso di dichiarazioni spontanee rese in aula Lombardo aveva detto: “Io non posso iscrivermi, con disappunto di Leonardo Sciascia, nel novero dei professionisti dell’antimafia, ma certamente non ho mai taciuto in sede politica e l’ho sempre dimostrato con atti concreti, con le leggi. La mia ostilità alla mafia non era fatta solo di chiacchiere”. Smentendo poi i suoi rapporti con il mafioso Rosario Di Dio con un passato in politica: “Non ho mai avuto comune esperienza elettorale con Rosario Di Dio”, aveva scandito.

Ad accusare Lombardo ci sono alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Dario Caruana. Questi aveva riferito di una riunione riservata, in cui si affrontavano argomenti di appalti ed affari, svoltosi nei primi sei mesi del 2003 in una casa di campagna alle porte di Barrafranca. L’incontro sarebbe avvenuto alla presenza del ”vecchio boss” del calatino Ciccio La Rocca, il capomafia ennese Raffaele Bevilacqua e il colonnello di Cosa nostra catanese (ormai deceduto) Alfio Mirabile. Caruana avrebbe accompagnato quest’ultimo all’appuntamento, ma sarebbe rimasto fuori ”a vigilare” l’ingresso. Dichiarazioni sempre smentite da Lombardo.

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