La terza sezione civile del Tribunale di Catania ha rigettato la domanda di risarcimento di 100mila euro presentata dall’allora consigliere comunale di Fi, Riccardo Angelo Pellegrino, nei confronti dei giornalisti Antonio Condorelli e Giuseppe Sicilia, del sito Livesicilia.it, e Gianluca Caltanissetta, del periodico ‘S – Il magazine siciliano d’inchiesta’, e delle società editrici delle due testate, difesi dagli avvocati Fernando Lo Voi, Francesco Condorelli, Nunzio Condorelli e Vittorio Petrone.
Al centro del procedimento, ricostruisce il giudice nella sentenza, “articoli pubblicati durante la campagna elettorale per le elezioni del 05 novembre del 2017 dell’Ars sull’allora consigliere comunale a Catania, candidato di Fi”. Pellegrino “lamentava che gli articoli proponevano uno ‘sgradevole quanto infondato accostamento’ fra lui e il “clan mafioso Mazzei” che “avevano nuociuto in modo determinante alla sua carriera politica presente e futura”.
Secondo il Tribunale, l’articolo ‘Pellegrino e il centrodestra tutte le intercettazioni”, pubblicato da Condorelli su Livesicilia.it, è “costruito dal giornalista come un resoconto di intercettazioni giudiziarie” e la notizia “viene quindi fornita come il risultato di indagini, effettivamente documentate in atti” e “riguardo a un contesto temporale preciso: dalle comunali del 2008 alle europee”. “Ne deriva che la notizia in sé – si legge nella sentenza – non può essere ritenuta falsa, atteso che il giornalista riferisce fatti emergenti da una documentata attività giudiziaria, ed attribuisce all’attore amicizie da questi non contestate, ma espressamente riconosciute”.
Per il Tribunale, l’articolo di Caltanissetta su ‘S’, dal titolo ‘Claudio Fava: la mafia vuole entrare all’Ars. Ombre su Forza Italia e Pd’ è “un continuo riferimento alle frasi pronunciate da Claudio Fava nella conferenza stampa di presentazione delle liste elettorali” e le “poche considerazioni del giornalista si limitano a sintetizzare gli enunciati di Claudio Fava, riportati sempre tra virgolette, e intercalati da brevissimi sunti della conferenza stampa”. “Ne deriva – ritiene il Tribunale – che l’articolo non esorbita dai limiti concessi per il diritto di cronaca”.