Forse immaginando tempi un po’ meno lunghi la Procura di Catania ha scelto un’altra strada per l’inchiesta sullo scandalo all’università con i concorsi truccati. Rinunciando al ricorso per Cassazione relativamente alla sentenza di non luogo a procedere per associazione a delinquere nei confronti di nove imputati, ha convertito lo stesso ricorso in atto di Appello dinanzi alla Corte etnea.
Ed è modificato anche il fine dell’impugnazione: la Procura non chiede l’annullamento della sentenza, ma di emettere decreto che dispone il giudizio nei confronti dei nove imputati in merito al reato di associazione a delinquere per i quali è stato già disposto il processo relativamente ai reati di abuso d’ufficio e falso. Un fatto questo che potrebbe accorciare notevolmente i tempi del processo. Su questo fatto gli avvocati difensori però sono scettici. Il ricorso per Cassazione sul quale i giudici devono esprimersi sulla legittimità del pronunciamento del Gip ha caratteristiche diverse da quello che va inoltrato alla corte d’Appello, in questo caso di Catania, chiamata invece a un pronunciamento di merito.
Il nuovo atto di appello, come si legge nelle quattro pagine integrative notificate ai nove professori, tra cui i due ex rettori Francesco Basile e Giacomo Pignataro, è stato firmato dai pm Marco Bisogni, Raffaella Vinciguerra e Santo Distefano. La Procura ritiene che la gup Marina Rizza abbia nelle motivazioni superato i limiti previsti dalla norma rispetto a un proscioglimento. Secondo i pubblici ministeri non sarebbero stati valutati alcuni elementi investigativi come le intercettazioni e testimoniali che invece rappresenterebbero la prova dell’esistenza di un’associazione a delinquere.
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