martedì 16 Aprile 2024
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Sondaggio Demopolis, a Catania si salva solo (e forse) la sanità

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il 52% non crede più ad una ripresa della città

L’istantanea è impietosa, drammatica e allunga più di un ragionevole spettro sul futuro. Il sondaggio di Demopolis sulla città di Catania, pubblicato stamane dal quotidiano La Sicilia, tratteggia un’immagine desolante del capoluogo etneo e della sua gente che – secondo quanto elaborato dall’istituto diretto dal bravo Pietro Vento – ha perso la speranza.

Il 52% dei catanesi, infatti, ritiene che la città non riuscirà a riprendersi dalla crisi in cui è piombata, mandando a farsi benedire (è proprio il caso) l’appello lanciato dall’arcivescovo Luigi Renna nel corso dei suoi interventi durante la festa di Sant’Agata. Il prelato – si ricorderà – a più riprese ha inviato tutti a non abbandonarsi alla rassegnazione, ma se è vero ciò che analizza Demopolis, più della metà dei cittadini sembrerebbe orientato verso una resa. Incondizionata.

Appare ancora più severa la risposta sulla percezione che la gente di Catania ha nei confronti della propria città: l’80 per cento di quanti hanno risposto al sondaggio ritengono che rispetto a 10 anni fa la qualità della vita a queste latitudini sia peggiorata. I fattori possono essere numerosi: c’è da tempo una crisi economica e occupazionale galoppante che genera instabilità, la stessa pandemia e da ultimo gli effetti della sofferenza energetica sono probabilmente da annoverare tra le ragioni di una fotografia così drammatica, ma – secondo noi – è complessivamente andata costantemente deteriorandosi la qualità della nostra società divenuta livorosa, incivile, maleducata: Catania è ‘solamente’ lo specchio in cui si riflette visto che ci vive. Se a tutto ciò aggiungi la progressiva migrazione dei migliori (e soprattutto di quanti possono permetterselo) verso altre destinazioni, allora la risposta si allinea perfettamente a quella che vede il 52% di catanesi rassegnati ad una ripresa impossibile.

Eppure c’è una dato che sembra andare in controtendenza. Solo il 16 per cento degli intervistati ritiene che la sanità catanese sia da inserire tra i problemi maggiori di questa città. E’ l’ultima voce (per di più con una percentuale striminzita) rispetto all’88% relativo alla pulizia e gestione dei rifiuti, al 70% dell’insicurezza urbana, al 61 del degrado nei quartieri fino al 56 dell’inefficienza della pubblica amministrazione.

In effetti, gli unici interventi tangibili sia pubblici che privati condotti a Catania sono proprio quelli effettuati in sanità: negli ultimi anni, infatti, è stato aperto l’ospedale San Marco a Librino, uno dei più moderni del Paese, il nuovo Humanitas, sono stati riqualificati o realizzati ex novo molti reparti tra cui i pronto soccorso passati da tre a quattro (a proposito, a quando l’apertura del nuovo plesso dell’emergenza del Garibaldi Centro, praticamente finito?) e ciò trova risposta nella sensazione che i catanesi hanno della loro sanità rispetto ai tanti altri problemi di Catania. Magari non sarà un punto di partenza, ma è probabilmente un elemento che potrebbe servire a chi sarà chiamato a guidare la città avendone la cura che questa merita.

Resta una ferita dolorante, quel 52 per cento di rassegnati: una percentuale mostruosa per chi è figlio di una città abituata geneticamente a risorgere dalle proprie ceneri.

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