Il ruolo dell’Università di Catania nella valorizzazione e tutela dell’Aspromonte

«L’area che interessa gli scogli dell’Ulivarella è da tutelare come “geosito” data la rilevante importanza per la ricostruzione della geodinamica del Mediterraneo occidentale negli ultimi 60 milioni di anni. Le rocce milonitiche ivi presenti testimoniano infatti la presenza di un’antica zona di taglio trascorrente a scala crostale, radicata oltre i 15 km di profondità, che ha svolto l’importante ruolo di binario tra due microplacche continentali: le Serre a Nord e L’Aspromonte a Sud». È quanto emerge dallo studio dal titolo “Quantitative microstructural analysis of mylonites formed during Alpine tectonics in the western Mediterranean realm Journal of Structural Geology” pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “Journal of Structural Geology” a firma dei docenti Gaetano Ortolano, Rosolino Cirrincione, Eugenio Fazio, Roberto Visalli e Mario Pagano dell’Università di Catania in collaborazione con G. Ian Alsop dell’Università di Aberdeen.

Continua, quindi, l’incessante attività dei ricercatori dell’Università di Catania per la valorizzazione e la tutela del territorio dell’Aspromonte. Dopo aver contribuito fortemente all’ingresso dell’Aspromonte nell’Unesco Global Geoparks, la Rete Mondiale dei Geoparchi Unesco, un riconoscimento, ottenuto nell’aprile dello scorso anno, stavolta i ricercatori dell’ateneo catanese – Rosolino Cirrincione e Gaetano Ortolano – si sono concentrati sull’importanza delle rocce affioranti lungo la costa di Palmi, la cosiddetta Costa Viola che da Palmi arriva fino a Scilla guardando aldilà dello stretto la Sicilia.

Lungo la spiaggia di Taureana, all’interno di un paesaggio unico, si trovano gli “scogli dell’Ulivarella” che sono stati oggetto dello studio che è stato presentato, nei giorni scorsi, al convegno dal titolo “Palmi: gioiello geologico da conoscere, salvaguardare e valorizzare” in programma nella cittadina calabrese.

«Quest’area è di particolare importanza in quanto è caratterizzata dalla presenza di un particolare tipo di rocce (le miloniti), studiate per la prima volta alla fine dell’800 nelle Scottish Highlands – spiegano i ricercatori Ortolano e Cirrincione -. Si tratta di rocce che consentono di ricostruire i cinematismi della crosta terrestre grazie allo studio delle deformazioni plastiche dei minerali coinvolti. Deformazioni che si sono sviluppate a temperature e pressioni riconducibili alla crosta medio-profonda, oltre i 15 Km».

«Le miloniti rinvenute hanno consentito di ricostruire i cinematismi della microplacca calabro-peloritana a partire da circa 60 milioni di anni fa fino all’Oligocene (circa 28 milioni di anni fa), aggiungendo un tassello fondamentale alla ricostruzione della geodinamica centro-mediterranea precedente l’apertura del Tirreno» aggiungono i ricercatori etnei intervenuti al convegno.

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Redazione