Si chiama “Operazione Ombra”, termine che potrebbe evocare immagini di thriller cinematografici, ma in realtà, è il nome dell’operazione antimafia, che stamattina su delega della Procura di Catania, gli agenti della Polizia di Stato con il Servizio Centrale Operativo e la Squadra Mobile della Questura di Catania, sotto il coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Catania a carico di 25 persone.

I provvedimenti, hanno toccato diversi livelli, con accuse che vanno dall’associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, fino al porto e detenzione illecita di armi da sparo. Le indagini, supportate da intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, oltre a videoregistrazioni, hanno fornito prove he hanno permesso di agire con precisione e determinazione.  L’operazione portata a termine, non solo ha destabilizzato le gli equilibri del clan, ma ha anche inviato un messaggio chiaro: la legge prevale sulla legge del silenzio. L’Operazione Ombra è un esempio lampante di come l’innovazione tecnologica e l’approccio coordinato possano essere efficaci nella lotta contro le organizzazioni criminali radicate.

Gli indagati, in quanto gravemente indiziati, con differenti profili di responsabilità e allo stato degli atti ed in relazione alla fase processuale che non ha ancora consentito l’instaurazione del contraddittorio con l’intervento delle difese. Secondo la ricostruzione, i nuovi vertici della famiglia Santapaola – Ercolano “manifestavano la certa propensione a ricorrere sistematicamente alla violenza come strumento per ribadire la loro autorità criminale nei territori di loro “competenza” mafiosa”.

Le misure cautelari, sono il frutto di esiti di un’articolata indagine che ha interessato sia la frangia degli Ercolano he dei Santapaola che storicamente compongono la famiglia catanese di cosa nostra, confermando come le stesse siano espressione di un unicum criminale. Le indagini, documenterebbero il riassetto dei ruoli apicali dell’organizzazione, hanno consentito di individuare i soggetti chiamati a ricoprire i ruoli di vertice, a partire dal nuovo reggente di cosa nostra catanese.

Secondo la ricostruzione, il boss ergastolano Mario Ercolano, esponente di spicco della ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano legata a Cosa nostra di Catania, avrebbe “continuato, nonostante la detenzione, a esercitare pieni poteri decisori, mantenendo contatti quotidiani con gli affiliati, a cui impartiva precise disposizioni sulle strategie da adottare”.

Secondo l’accusa, Mario Ercolano, “avrebbe deciso il riassetto dei ruoli apicali all’interno dei citati gruppi a lui riconducibili determinando la designazione di Strano Carmelo Daniele come successore di Benito Privitera nel ruolo di responsabile del Gruppo della Stazione, mentre Carmelo Fazio avrebbe preso il posto del fratello Salvatore Fazio come referente del Gruppo di Cibali”.

Le indagini, inoltre, avrebbero fatto emergere “il ruolo ricoperto da  Salvatore Ercolano cl.78, fratello minore dell’ergastolano Mario, il quale, avvalendosi del fidato Salvatore Iudicello, avrebbe impartito le direttive ricevute dal fratello Mario e si sarebbe occupato personalmente della risoluzione di eventuali controversie sia interne che esterne alla famiglia Santapaola – Ercolano”.

Tra i destinatari del provvedimento, Giuseppe Amato, inteso “Peppe a ponchia” (cl.1987); Arena Angelo (cl.1976); Assinnata Salvatore (cl.1972); Barresi Letterio, inteso “Ettore” (cl.1.7.1973); CACIA Francesco (cl.1982); Castorina Angelo Antonino, inteso “Nino u firraru” (cl.1991); Ercolano Mario (cl.1976); Ercolano Salvatore (cl.1978); Fazio Carmelo (cl.1964); Iudicello Salvatore Antonio Pietro (cl.1971); Minnella Alfio (cl.1987); Mirabella Salvatore, inteso “u paloccu” (cl.1965); Paternò Christian (cl.1981); Platania Stefano (cl.1997); Rugeri Alessandro (cl.1989); Russo Francesco (cl.1973); Strano Carmelo Daniele (cl.1990); Zucchero Benedetto (cl.1993);

Agli arresti domiciliari: Di Raimondo Concetto Salvatore, inteso “Alfio Kawasaki” (cl.1977); Pandetta Salvatore Ettore (cl.1993); Pelleriti Valerio Emanuele (cl.1997); Russo Diego Filippo (cl.2001); Santapaola Francesco (cl.1998).

Tutte le ipotesi accusatorie, allo stato avallate dal G.I.P. in sede, dovranno trovare conferma allorché verrà instaurato il contraddittorio tra le parti. Il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e per gli indagati vale il principio di non colpevolezza sino alla sentenza di condanna definitiva.