Abbassa le tasse sul reddito 2025 col trucco dei Bitcoin | Il tuo patrimonio diventa invisibile al fisco
Secondo una sentenza con le criptovalute i tuo soldi sono al sicuro e il fisco non te li può toccare
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio giuridico di grande rilievo in materia di criptovalute e misure cautelari reali. Secondo la decisione, i Bitcoin non possono essere oggetto di sequestro preventivo per equivalente in caso di evasione fiscale. Il provvedimento ha annullato un precedente sequestro probatorio di Bitcoin, applicato a un imputato per un valore corrispondente all’imposta evasa.
La motivazione della Corte si fonda sul fatto che, pur essendo utilizzate per transazioni tra privati, le criptovalute non sono riconosciute in Italia come moneta avente corso legale, non rientrando dunque nelle categorie di beni sequestrabili ai fini fiscali. La sentenza ha un impatto significativo sul rapporto tra fisco e nuove tecnologie finanziarie.
In Italia, il sequestro preventivo per equivalente è uno strumento giuridico pensato per bloccare beni e somme di denaro di valore equivalente al profitto ottenuto attraverso la commissione di un reato. La Cassazione ha stabilito che tale misura non può essere applicata ai Bitcoin, poiché non essendo considerati una valuta ufficiale, non vi è un’equivalenza diretta con il denaro avente corso legale.
Questo principio, di fatto, limita l’efficacia del sequestro come deterrente contro i reati tributari, aprendo nuove riflessioni sulle implicazioni fiscali delle criptovalute.
I Bitcoin sono difficilmente tracciabili
Un aspetto centrale della decisione riguarda la natura decentralizzata dei Bitcoin e delle altre monete digitali. A differenza delle valute tradizionali, che sono regolamentate da autorità monetarie nazionali o internazionali, i Bitcoin operano su una rete distribuita, senza intermediari. Questo rende particolarmente complesso il loro tracciamento e il loro eventuale congelamento da parte delle autorità. Inoltre, la loro quotazione è altamente volatile, il che rende difficoltosa la determinazione di un valore stabile e oggettivo ai fini dell’applicazione delle misure cautelari.
La Cassazione ha anche evidenziato che il quadro normativo italiano sulle criptovalute è ancora in fase di evoluzione. Attualmente, le criptovalute non sono soggette alle stesse regole di circolazione e cambio delle monete aventi corso legale, rendendo ancora più difficile inquadrarle nel sistema di sequestro per equivalente. Di conseguenza, la giurisprudenza si trova a dover interpretare casi nuovi senza un riferimento normativo chiaro, creando un precedente che potrebbe influenzare futuri procedimenti legali in materia fiscale e patrimoniale.
Gli evasori possono convertire i proventi illeciti in Bitcoin
L’orientamento della Suprema Corte, quindi, sembra lasciare aperta la possibilità per gli evasori fiscali di convertire i proventi illeciti in Bitcoin per proteggerli dalle misure di confisca. Sebbene una condanna possa comunque essere inflitta all’imputato, il patrimonio accumulato tramite evasione potrebbe rimanere nella sua disponibilità, in quanto non facilmente sequestrabile dallo Stato. Questo scenario solleva questioni rilevanti per la lotta all’evasione fiscale e per l’adeguamento del sistema normativo alle nuove tecnologie finanziarie.
La sentenza n. 1760/2025 rappresenta un importante punto di svolta nella regolamentazione delle criptovalute in Italia. Mentre il legislatore è chiamato a colmare il vuoto normativo per evitare che le criptovalute diventino uno strumento di elusione fiscale, la decisione della Cassazione segna un limite concreto all’applicabilità delle misure di sequestro per equivalente. Resta ora da vedere se e come il diritto si adatterà all’evoluzione del settore, bilanciando l’innovazione finanziaria con le esigenze di controllo e prevenzione dei reati economici.