La “questione” femminile tra diritti e libertà per l’intera società
La “questione” femminile rappresenta una conquista in termini di diritti e di libertà per l’intera società, nel riconoscimento delle differenze. Su questo tema, con un approccio multidisciplinare, nei giorni scorsi, sono intervenuti, nell’aula magna del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania numerosi relatori che nel corso del convegno dal titolo “Corpi violati: che genere di diritto? Narrazioni femminili costituenti”, hanno affrontando la “questione femminile” come una “questione generale” dell’intera società.
Un incontro, organizzato dalla prof.ssa Stefania Mazzone (storica del pensiero politico e delegata all’Inclusione, pari opportunità e politiche di genere del Dipartimento di Scienze politiche e sociali), con un taglio anche emozionale con la proiezione di documenti audio-video sull’impegno civile degli U2 nella ex-Jugoslavia dell’assedio di Sarajevo e di Sting nell’Argentina delle madri di Plaza de Majo.
«Il corpo della donna – ha sottolineato la docente Stefania Mazzone – continua ad essere violato. Quando la corporeità è messa fuori dalla Storia, ed è questo che avviene per mano della cultura patriarcale, i corpi delle donne resistono. Per questo sono violati. In questo contesto, come la storia del movimento femminista dei gruppi di auto aiuto ha praticato, a partire dagli anni dei primi processi per stupro, il diritto non può essere considerato “neutro” e va reso “differente”, attraverso i corpi presenti».
A seguire la prof.ssa Pinella Di Gregorio, direttrice del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, ha introdotto e declinato il fenomeno come «un aspetto della violenza del più forte sul debole». «Tuttavia – ha aggiunto – nella società contemporanea ha assunto un valore retrivo perché cerca di determinare, attraverso il corpo delle donne, diseguaglianze sociali, culturali. Attraverso la violenza si cerca di fare valere dei valori di sopraffazione. Pensiamo alle donne iraniane e afghane. Noi che viviamo nel mondo Occidentale dobbiamo farci carico di questi aspetti di emancipazione culturale, storica, politica affinché questo tipo di violenza venga eliminata».
Maurizio Salustro, magistrato della missione Eulex sui crimini di guerra in Kosovo, nel raccontare le sue esperienze sul “campo”, ha evidenziato gli orrori ascoltati direttamente dalle vittime con la speranza di ricevere giustizia. Esperienze devastanti in luoghi pubblici, alle fermate degli autobus ma anche in casa, sotto la minaccia delle armi.
«Lo stupro – ha affermato Salustro – come mezzo di guerra per umiliare il nemico, operare una contaminazione del gruppo. Ascoltavo donne che con me parlavano perché ero straniero e quindi non le avrei etichettate; per loro la verginità è importante. Io ho vissuto un certo paradosso. A fronte di molte denunce di violenze subite, da questo o quel gruppo, i processi che hanno portato ad un risultato sono stati pochi per colpa dei limiti territoriali alla giurisdizione o anche per il tempo trascorso».
Marinella Fiume (studiosa della cultura di genere) si è soffermata sulle Ciociare di Capizzi ripercorrendo le testimonianze di donne siciliane che raccontano, nel volume omonimo, “le marocchinate” subite durante la Seconda guerra mondiale per opera dei Goumiers nel corso della loro avanzata in occasione dell’operazione Husky, mentre Melinda Calandra (avvocato impegnata nella difesa delle donne) ha evidenziato la resistenza, ma anche il silenzio e l’oblio che la storia, tutta al maschile, ha praticato e pratica sulle donne fino a quando queste stesse non prendano “parola di donna”.
A seguire gli interventi di Deborah De Felice (docente di sociologia giuridica) sul ruolo giocato dalle donne in contesti di resistenza al potere autoritario e dittatoriale in cui forte si è rivelato il legame tra memoria e giustizia e Maria Rizzarelli e Ida Scebba del Dipartimento di Scienze umanistiche su alcune figure femminili della mitologia classica e sulle loro riscritture contemporanee.
Le studentesse Aurora Barca e Kristal Crupi sono intervenute sul Laboratorio di Ricerca e Azione di Genere del Dsps (fondato con la docente Stefania Mazzone) che si occupa di costruire reti e saperi di appoggio.
In chiusura la prof.ssa Adriana Di Stefano, delegata d’Ateneo alle Pari opportunità e docente di Diritto dell’Unione Europea, ha rinnovato l’impegno dell’Università di Catania nella ricerca scientifica, nella formazione, ma anche nell’attività di Terza missione, per la disseminazione di pratiche e culture del rispetto delle differenze, a partire da quelle di genere.