Bonafede e la relazione segreta con Messina Denaro, condannata a 11 Anni di carcere

Matteo Messina Denaro

Laura Bonafede, insegnante elementare e figlia del boss Leonardo Bonafede, è stata condannata a 11 anni e 4 mesi di reclusione dal GUP di Palermo, Paolo Magro. La donna, arrestata il 13 aprile 2023, era legata sentimentalmente a Matteo Messina Denaro, il superlatitante mafioso arrestato a gennaio e deceduto a settembre dello stesso anno. Secondo l’accusa, il rapporto tra Bonafede e Messina Denaro andava oltre un semplice legame affettivo: la donna avrebbe infatti utilizzato un linguaggio in codice per comunicare con il boss, gestendo i suoi messaggi e nascondendo i propri sentimenti dietro pseudonimi e linguaggio cifrato.

In aula, Laura Bonafede ha descritto la sua storia con Messina Denaro cercando di normalizzare il rapporto, dichiarando di aver conosciuto un “lato buono” del boss, che si dimostrava “spiritoso, educato e divertente”. Durante le dichiarazioni spontanee, la maestra ha raccontato di essere cresciuta in una famiglia mafiosa, dove il padre parlava liberamente delle sue attività a casa. “Sono nata in una famiglia mafiosa e ho vissuto in questo clima fin da bambina”, ha ammesso Bonafede, spiegando che la sua relazione con Messina Denaro, conosciuto sin dall’infanzia, le dava un sollievo dalla “quotidianità pesante”.

Le indagini hanno rivelato una rete di comunicazioni tra Bonafede e il latitante attraverso lettere e incontri segreti. Le passeggiate in spiaggia a Ferragosto e le chiacchierate in auto lontano da sguardi indiscreti erano parte della loro vita clandestina. L’insegnante ha raccontato come la relazione si sia trasformata negli ultimi anni in un rapporto epistolare, dato l’intensificarsi dei controlli a Campobello di Mazara.

Il pubblico ministero Gianluca De Leo ha evidenziato, però, come Bonafede, nelle sue dichiarazioni, abbia rappresentato Messina Denaro in modo distorto, quasi ignorando la sua vera natura di capo mafioso sanguinario. “Tra il ’92 e il ’96, in Sicilia e in Italia, esplodevano autostrade, chiese, e morivano magistrati e donne incinte. Non sappiamo cosa Bonafede abbia realmente visto in quegli anni, ma questo lato oscuro della storia resta nascosto nelle sue parole”.

Secondo la Procura, Bonafede non si sarebbe limitata a coprire la latitanza del boss, ma avrebbe anche gestito la sua rete di comunicazione, contribuendo così a consolidare il potere di Messina Denaro all’interno di Cosa Nostra. La donna, in aula, ha negato ogni coinvolgimento diretto nell’organizzazione, definendosi una figura marginale, e ha chiesto al giudice di valutare la sua posizione con equità, ricordando il celebre “giudice di Berlino” come emblema di giustizia imparziale.

Tuttavia, il ritrovamento di lettere e messaggi compromettenti nel covo di Messina Denaro, insieme alle indagini sulla gestione della latitanza del boss, hanno portato a una condanna significativa per Bonafede. La sua storia rappresenta un esempio di come il mondo mafioso possa intrecciarsi profondamente con la vita personale di chi, pur non direttamente implicato nelle attività criminali, ne condivide l’ambiente e i legami. La vicenda ha suscitato scalpore, rivelando una dimensione privata della vita del boss e la sua capacità di mantenere connessioni strette anche durante la latitanza.