Resta in coma irreversibile il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Si apprende, che i medici non hanno ancora sospeso l’alimentazione artificiale del capomafia ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila. Le condizioni del boss, che ha un tumore al colon al quarto stadio, erano peggiorate nei giorni scorsi da quando non è più riuscito ad alimentarsi autonomamente. Il 12 settembre scorso erano state sospese le cure e mantenuta solo la terapie per il dolore. La figlia del boss, Lorenza Alagna, che nei mesi scorsi ha chiesto di potere avere il cognome del padre, è all’Aquila in attesa di poterlo vedere.
Il 61enne nel testamento biologico avrebbe manifestato la volontà di non subire l’accanimento terapeutico con l’utilizzo delle macchine per essere tenuto in vita. Per questo anche con l’assenso della famiglia da alcune settimane è stato sottoposto alla terapia del dolore con la interruzione della chemioterapia e con il paziente che è passato in carico al reparto di rianimazione competente nella terapia del dolore, diretto dal professore Franco Marinangeli, e non più all’equipe oncologica diretta dal professor Luciano Mutti.
Al capezzale la nipote e legale Lorenza Guttadauria e la giovane figlia Lorenza, riconosciuta recentemente ed incontrata per la prima volta nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila nello scorso mese di aprile. Matteo Messina Denaro è stato richiuso, in regime di 41 bis, nell’istituto di pena del capoluogo regionale il 17 gennaio scorso, il giorno dopo l’arresto a Palermo.
Dall’8 agosto scorso è ricoverato all’ospedale San Salvatore dell’Aquila dove era arrivato dal carcere per un intervento chirurgico per una occlusione intestinale: per qualche settimana è stato degente nel reparto di rianimazione, poi nonostante le sue proteste e quelle dei familiari, è stato trasferito nella cella del reparto per detenuti e guardato a vista della forze dell’ordine tra ingenti misure di sicurezza sia dentro sia fuori la struttura sanitaria. Nelle ultime settimane le condizioni si sono aggravate ed i medici e le istituzioni preposte hanno deciso la permanenza in ospedale.
I suoi legali avevano minacciato la presentazione di una istanza di scarcerazione perché lo stato di salute non era compatibile con la permanenza in carcere dove nei primi mesi di carcerazione era stato curato con la somministrazione della chemioterapia nell’ambulatorio ricavato ad hoc in una stanza difronte alla sua cella. Per una sola volta era stato trasferito al San Salvatore per effettuare degli esami.