Sicilia, il laboratorio della crisi: FdI commissariato, Pd in frantumi e Lombardo in agguato

Fratelli d’Italia in Sicilia è al centro di una crisi che ha portato al commissariamento del partito, con l’invio di Luca Sbardella, fedelissimo di Giorgia Meloni, per risolvere faide interne e problemi di gestione. Il caso emerso più di recente riguarda il deputato siracusano Giampiero Auteri, accusato di aver ottenuto fondi pubblici a beneficio di presunte associazioni a lui vicine, rappresentando un modo di fare politica che contrasta con i valori che FdI sostiene di incarnare. Al centro della bufera c’è anche Manlio Messina, che si è dimesso da vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera denunciando lotte e correnti interne.
Le divisioni interne coinvolgono anche il gruppo storico formatosi nel 2004 al congresso di Viterbo, all’epoca Giorgia Meloni 27enne, fu eletta presidente nazionale di Azione Giovani (il movimento giovanile di Alleanza Nazionale). Quel ruolo le permise di costruire una rete che sarebbe diventata la base di Fratelli d’Italia (FdI), fondato nel 2012. In mezzo a queste tensioni, FdI fatica a contrastare l’influenza del governatore forzista Renato Schifani, segno di una mancanza di autonomia nella gestione del potere. Il commissariamento di Sbardella, appoggiato dal responsabile dell’organizzazione nazionale Giovanni Donzelli, rappresenta un tentativo di ripulire e riorganizzare il partito, ma anche un’ammissione di debolezza.
Nel frattempo, neppure il Pd siciliano vive un momento sereno: commissariato da un calabrese, Nico Stumpo, per mettere ordine in un contesto logorato da rancori e correnti. Da tempo, il centrosinistra sull’isola fatica a esprimere leadership forti, come dimostrano i passati commissariamenti: come ricorda questa mattina Repubblica, da Sergio Mattarella nel 1984, che ridiede speranza alla DC palermitana, all’infelice esperienza di Pietro Folena nel Pds, fino a Claudio Fava nei Democratici di Sinistra.
Anche i candidati di bandiera, spesso “non pericolosi”, non hanno inciso sulle sorti del partito. Questa crisi di FdI e Pd in Sicilia diventa uno specchio per i problemi nazionali delle due forze politiche: il rischio di un potere eccessivamente personalizzato per i meloniani e la difficoltà di uscire dalle logiche di fazione per i democratici. Mentre i due partiti cercano di ricomporsi, l’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo, storico leader del Movimento per le Autonomie, annuncia per il 23 marzo il lancio di una nuova formazione, puntando a intercettare gli elettori delusi e cavalcando l’autonomia differenziata.
Lombardo potrebbe complicare lo scenario, aggregando sindaci e pezzi di centro; ma c’è chi lo considera una figura del passato, responsabile delle logiche che hanno portato l’Isola allo stallo. In ogni caso, la mossa di Lombardo dimostra come la politica siciliana continui a rinnovarsi e a riproporsi, mentre i grandi partiti nazionali faticano a imporre una linea coerente e a risolvere le proprie divisioni.
La vera domanda è se questi commissariamenti, in FdI come nel Pd, abbiano davvero la forza di cambiare un sistema politico che sembra cronicamente incapace di superare conflitti e correnti interne, o se invece si tratti soltanto dell’ennesima operazione di facciata destinata a consumarsi rapidamente. Il rischio è che, passata la tempesta mediatica, tutto resti invariato: una politica siciliana bloccata, priva di mordente. In questo scenario, l’ombra di Lombardo, con il suo nuovo progetto politico, potrebbe ulteriormente complicare equilibri già fragili?
La Sicilia, con le sue contraddizioni, resta un termometro dell’intera politica italiana: luogo di sperimentazione e di scontro, in cui le tensioni e gli scandali possono anticipare scenari che presto potrebbero estendersi anche al resto del Paese?