Una scena insolita si consuma davanti alle porte girevoli dell’hotel Cavalieri Waldorf Astoria: Antonio Tajani aspetta per dieci minuti Giorgia Meloni. Quando la premier arriva, un rapido saluto e subito il confronto. L’atmosfera è tesa, e non solo per il ritardo. Al piano -1 si consuma uno scontro dai toni accesi, mentre al Senato il governo vive momenti di forte instabilità.
Meloni è furiosa per la situazione a Palazzo Madama e per le scelte dei suoi alleati, in particolare di Forza Italia. Rimprovera Tajani per non aver abbassato i toni, nonostante le sue richieste. “Ti avevo detto che non era il momento di creare problemi – accusa la premier – e invece hai votato contro il governo”. Il riferimento è al recente voto in commissione, dove Forza Italia ha adottato una linea opposta alle indicazioni del governo.
Dal canto suo, Tajani rigetta le accuse. Ribadisce che nessuna promessa era stata fatta e ricorda di aver chiarito già a settembre la sua intenzione di non rinnovare il taglio del canone RAI, una misura che avrebbe creato tensioni interne a FI, in particolare con la famiglia Berlusconi. L’ex presidente del Parlamento Europeo non manca di sottolineare l’apparente incoerenza della premier: da una parte il rifiuto di finanziare il taglio dell’Irpef richiesto da Forza Italia, dall’altra l’autorizzazione a destinare 410 milioni per la riduzione dell’imposta sulla TV.
Il confronto è aspro, privo di concessioni. Meloni chiude a ogni ipotesi di rimpasto, richiesto dagli azzurri per febbraio. “Quando Fratelli d’Italia era al 3%, nessuno si preoccupava di noi. Ora che siamo cresciuti, vale solo il peso parlamentare”, ribadisce la premier, con un riferimento diretto alla crescita di FI e alle rivendicazioni di maggiore peso politico.
Il problema non è una crisi di governo imminente, ma l’escalation delle tensioni. Si teme che eventuali ritorsioni, come decisioni che penalizzino Mediaset, possano accentuare le spaccature. Anche le dichiarazioni del capogruppo di FI all’Europarlamento, Fulvio Martusciello, che ha ringraziato il Pd per il sostegno a Ursula von der Leyen, contribuiscono a inasprire il clima.
Dal punto di vista di Tajani, la posta in gioco è alta: la leadership del partito e la necessità di difendere la propria posizione. Anche le dinamiche con Matteo Salvini complicano il quadro, soprattutto in Calabria, dove il Carroccio ha un ruolo marginale e la tensione sulla gestione della sanità diventa un ulteriore terreno di scontro.
Il governo tiene, ma le crepe nella coalizione sono sempre più visibili, con i leader che cercano di mantenere il controllo di una maggioranza sempre più difficile da gestire.