Lavoro, in Italia crescita professionale peggiore d’Europa: agghiaccianti i dati dello studio | Un lavoratore su due disposto a fare questo pur di cambiare
Poveri (Pixabay) CataniaOggi
Va tutt’altro che bene il mondo occupazionale in Italia, soprattutto se paragonato ad altri paesi europei.
L’Italia sta affrontando da diversi anni una persistente crisi occupazionale, caratterizzata da un elevato numero di persone senza lavoro. Questo fenomeno non riguarda solamente chi è alla prima ricerca di un impiego, ma anche lavoratori esperti che hanno perso la loro occupazione e faticano a reinserirsi nel mercato del lavoro.
Una problematica ancora più allarmante è la crescente fascia di lavoratori che, pur avendo un impiego, si trovano al limite o al di sotto della soglia di povertà. Questo paradosso evidenzia come la precarietà contrattuale, i bassi salari e l’aumento del costo della vita stiano erodendo il potere d’acquisto di una parte significativa della forza lavoro.
Le cause di questa complessa situazione sono molteplici e interconnesse. Tra queste, spiccano la lentezza della crescita economica, la scarsa innovazione in alcuni settori, la rigidità del mercato del lavoro e la difficoltà per i giovani di accedere a impieghi qualificati. Anche la globalizzazione e la concorrenza internazionale hanno contribuito a ridefinire il panorama lavorativo italiano.
Affrontare la crisi occupazionale e il problema dei lavoratori poveri richiede un impegno sinergico a più livelli. Sono necessarie politiche economiche che favoriscano la crescita e la creazione di posti di lavoro stabili e di qualità, interventi mirati a sostenere il reddito delle famiglie più in difficoltà e misure che promuovano la formazione e la riqualificazione professionale.
La situazione in Europa
La situazione lavorativa in Europa presenta un quadro variegato, con alcuni paesi che brillano per tassi di occupazione elevati e bassa disoccupazione. Nazioni come la Repubblica Ceca, la Polonia e i Paesi Bassi mostrano mercati del lavoro dinamici e resilienti, capaci di offrire maggiori opportunità ai propri cittadini.
L’Italia si trova spesso a inseguire, con tassi di disoccupazione più elevati, soprattutto tra i giovani, e una persistente difficoltà nel creare posti di lavoro stabili e ben retribuiti. Mentre altri paesi europei avanzano con politiche innovative e un mercato del lavoro più flessibile, l’Italia fatica a tenere il passo, perdendo terreno in termini di opportunità e benessere per i propri lavoratori.
Un lavoratore su due vorrebbe andarsene
Recenti ricerche rivelano una profonda insoddisfazione nel mondo del lavoro italiano, con quasi la metà dei lavoratori che si dichiara infelice della propria situazione professionale. Questa frustrazione è particolarmente sentita dalla Generazione Z, molti dei quali si dichiarano pronti a cercare opportunità di impiego all’estero.
In questo contesto di malessere diffuso, emerge il fenomeno del “quiet quitting“. Con questa espressione si intende un disimpegno silenzioso dal lavoro, in cui i dipendenti si limitano a svolgere le mansioni strettamente necessarie previste dal contratto, senza investire ulteriori energie o entusiasmo. Si tratta di una riduzione volontaria del proprio coinvolgimento.