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Raffale Lombardo: 13 anni sotto processo, assolto

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"Provo più amarezza che altro per una vicenda durata tredici anni".

E’ stata confermata l’assoluzione in Cassazione per l’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, imputato in concorso esterno all’associazione mafiosa e corruzione elettorale. La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Catania contro la sentenza di secondo grado.

“Provo più amarezza che altro – ha detto Lombardo – per una vicenda durata tredici anni”. Con il pronunciamento di oggi pomeriggio da parte dei giudici della Sesta sezione della Cassazione diventa definitiva l’assoluzione pronunciata nel gennaio dell’anno scorso. I giudici supremi non hanno accolto le richieste della procura generale della Cassazione che aveva sollecitato, invece, un annullamento con rinvio della sentenza e un nuovo esame da parte dei giudici di secondo grado. “Siamo in presenza di un rapporto privilegiato tra un esponente istituzionale e esponenti di spicco di un’associazione. Serve una valutazione piu’ approfondita della Corte di merito”, aveva sostenuto la procura generale nel corso della requisitoria oggi al Palazzaccio. In aula la difesa di Lombardo, con gli avvocati Maria Donata Licata e il professor Vincenzo Maiello, ha evidenziato come la “logicita’” della sentenza della Corte d’Appello di Catania “sia dimostrata”.

Non è dimostrato, invece, “alcun presunto ‘patto’, ad oggi non definito, non collocato nè nello spazio nè nel tempo”, hanno sottolineato i difensori davanti ai supremi giudici chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso contro l’assoluzione dell’ex presidente della Regione Siciliana. Richiesta accolta dalla Cassazione. La sentenza definitiva arriva dopo un iter giudiziario durato 13 anni, due sentenze contrastanti, un rinvio dalla Cassazione e un processo d’Appello bis.

Due sentenze ‘contrastanti’, un annullamento con rinvio dei giudici supremi: sono le tappe più importanti dell’uscita dalla scena giudiziaria di Raffaele Lombardo, l’ex presidente della Regione che in carica sulla poltrona più alta di palazzo d’Orleans fu trascinato fuori dalla vita politica. Era il 2013 e fu l’inchiesta dei carabinieri del Ros ‘Iblis’ a mettere fine alla presidenza della Regione del leader dell’Mpa. L’inchiesta era quella sui rapporti tra politica, gli imprenditori, ‘colletti bianchi’ e Cosa nostra. Per la Procura di Catania Raffaele Lombardo avrebbe favorito clan e ricevuto voti alle regionali del 2008, quando fu eletto governatore. Accuse che lui ha sempre respinto.

Il cambio di orientamento arriva con la sentenza bis d’appello quando la corte d’Appello nell’ultimo pronunciamento di Catania ha assolto Lombardo dall’accusa di concorso esterno ‘perché il fatto non sussiste’ e da quella di reato elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia ‘per non avere commesso il fatto’. La Procura generale nell’appello bis, con i Pm Sabrina Gambino e Agata Santonocito, aveva chiesto la condanna sette anni e quattro mesi di reclusione, per l’accesso al rito abbreviato.

Al centro del processo i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei che l’ex presidente ha sempre negato sostenendo di avere “nuociuto alla mafia come mai nessuno prima di me, di non avere mai incontrato esponenti delle cosche e di avere sempre combattuto Cosa nostra”. Per questo i suoi legali, gli avvocati Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello, avevano chiesto l’assoluzione del loro assistito “perche’ il fatto non sussiste”.

Il procedimento ha anche trattato presunti favori elettorali del clan a Raffaele Lombardo nelle regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello Angelo, per cui si procede separatamente, per le politiche dello stesso anno. La Seconda sezione penale della Cassazione, tre anni fa, ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa ritenendolo, tra l’altro, un ‘arbitro’ e ‘moderatore’ dei rapporti tra mafia, politica e imprenditoria.

Soddisfazione per la decisione dei giudici della sesta corte di Cassazione arriva dai suoi legali. Dice il professore Vincenzo Maiello, avvocato difensore dell’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo puntualizzando che dopo l’avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale, Lombardo di dimise dalla carica di presidentde della Regione: “Si chiude una vicenda giudiziaria in qualche modo simbolo delle applicazioni distorte del concorso esterno in associazione mafiosa e di una certa propensione a utilizzare il processo per scrivere la storia anziché per accertare reati. Oggi la Corte di Cassazione dice che tutto questo è contrario al Diritto”.

Soddisfatto anche l’altro legale di Lombardo, l’avvocato Maria Licata: “Esprimiamo grande soddisfazione per il pronunciamento della Cassazione, che pone la parola fine ad una vicenda giudiziaria lunga che ha pesantemente inciso sulla vita, non solo politica, del dottor Lombardo”.

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