L’impatto dei MOOCs sull’organizzazione dei sistemi di higher education
Una “diversa” forma di erogazione di corsi online gratuiti, aperti a tutti e a frequenza libera, finalizzati ad aiutare la futura matricola a consolidare le conoscenze di base e ad agevolare il passaggio tra scuola superiore e università. Sono i Massive Open Online Courses – MOOC che, dalla loro prima apparizione nel 2011, stati sempre più al centro di una grande attenzione da parte dei media per il loro potenziale nel campo dell’istruzione.
Un tema che è stato al centro, nell’aula magna del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, di un seminario dal titolo “The Diffusion and Social Implications of MOOCs” prendendo spunto dal testo scaturito dal lavoro di ricerca di Valentina Goglio, docente al Dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino.
Il lavoro realizzato in un periodo di 24 mesi all’Università di Torino e all’Università di Stanford, oltre che all’EC-JRC di Siviglia, adottando un approccio interdisciplinare e metodi di ricerca e di analisi misti, ha consentito di formulare una serie di raccomandazioni politiche che forniranno ai policy makers un terreno empirico per la progettazione efficace nel contesto delle open educational resources.
All’incontro, moderato da Davide Arcidiacono, associato di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università di Catania, sono intervenuti i docenti Teresa Consoli (delegata alla didattica in ambito umanistico-sociale) e Nicolosi Guido (delegato alla Comunicazione dell’ateneo) del Dipartimento di Scienze politiche e sociali.
Proprio Nicolosi, presidente del corso di laurea magistrale in Sociologia delle Reti, dell’informazione e dell’innovazione, ha evidenziato «la riflessione sul rapporto tra tecnologie digitali e istruzione terziaria è del tutto coerente con i contenuti e le riflessioni che animano il corso e con il confronto tra studenti e docenti in questo ambito di specializzazione».
Il libro, pubblicato dalla casa editrice britannica Routledge si propone di sviluppare uno studio comparativo tra gli Stati Uniti e l’Europa per analizzare i modelli di diffusione dei Massive Open Online Courses (MOOCs) e il loro contributo a una “crescita intelligente e inclusiva”.
In apertura il rettore Francesco Priolo e la docente Pinella Di Gregorio, direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, hanno posto l’accento «sul particolare periodo storico che stiamo ancora attraversando, segnato ancora dagli effetti della pandemia di Covid-19, che ci ha costretto a ripensare i luoghi e i metodi di erogazione della didattica». «Specialmente durante il periodo di lockdown, l’Ateneo di Catania è stato in grado di gestire l’emergenza e di rispondere alle nuove sfide poste in modo celere ed efficace» ha aggiunto il rettore.
A seguire l’autrice del libro ha sottolineato i risultati della propria ricerca che mettono in evidenza «come a livello macro e micro l’impatto dei MOOCs sull’organizzazione dei sistemi di higher education negli Stati Uniti e in Europa, hanno generato alcune opportunità professionali e personali dei learners e che tali benefici spesso non coincidono con la rappresentazione “messianica” o “rivoluzionaria” dei loro fondatori».
«Pur essendo stati presentati come la ricetta perfetta per risolvere il problema delle disuguaglianze nell’accesso all’istruzione superiore, la ricerca mostra chiaramente che tale capacità di democratizzazione non solo non si è realizzata, ma ha anche riprodotto e amplificato le diseguaglianze esistenti, al punto da rendere necessario chiedersi che cosa dobbiamo mantenere dei MOOCs e cosa, invece, dobbiamo modificare per la didattica dl futuro – ha aggiunto -. I MOOCs possono rappresentare una risorsa integrativa e complementare, ma la sua dimensione di “openness” (intesa come gratuità, accessibilità e riutilizzabilità dei materiali didattici proposti) è un valore che va preservato e custodito perché possa rappresentare una vera risorsa».