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Un metodo interdisciplinare per valorizzare il patrimonio culturale

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L’interdisciplinarietà delle scienze umanistiche e scientifiche a servizio della diagnostica, conservazione e valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale italiano che tutto il mondo ci invidia. Un “nuovo” approccio multidisciplinare tipico dell’archeometria che coniughi la scienza, la cultura e la società da far conoscere tra i ricercatori degli atenei e degli enti di ricerca e applicare nei musei, siti archeologici e edifici storici. Tematiche su cui si sono confrontati studiosi e ricercatori provenienti da tutta Italia in occasione dei lavori dell’ottava edizione della rassegna “Arte è Scienza”, in programma in questi giorni al Monastero dei Benedettini.

Un’iniziativa – organizzata dall’Associazione Italiana di Archeometria in collaborazione con l’Università di Catania – che è stata aperta dal rettore Francesco Priolo. «Il patrimonio culturale italiano, che vanta 55 siti Unesco, 4mila musei e 6mila aree archeologiche, rappresenta un volano socio-economico di fondamentale importanza per il Paese e il mondo accademico e scientifico in questo campo deve svolgere un ruolo rilevante coniugando le competenze trasversali. Non a caso oggi sono presenti docenti, ricercatori e studenti di diversi corsi di laurea e settori: dai beni culturali all’informatica, dall’ingegneria alla fisica» ha detto il rettore in apertura.

«Il nostro ateneo, in questo contesto, vanta, oltre a diversi corsi di laurea, la presenza della Scuola di specializzazione in Beni archeologici di Siracusa fondata nel 1923, seconda solo alla Scuola archeologica italiana di Atenei – ha aggiunto -. Sul piano scientifico sono numerose le ricerche in campo: dall’applicazione dei sensori e dispositivi innovativi per il monitoraggio microclimatico e strutturale di opere d’arte e edifici storici alla datazione assoluta di edifici storici, dal Color Rendering nelle ricostruzioni 3D di opere d’arte a diversi progetti multidisciplinari e tra questi lo scavo nel giardino di via Biblioteca, un nuovo modo di archeologia e costruzione partecipata dell’identità locale».

«Non mancano poi le ricerche sostenute con i fondi del Pnrr, come il programma Samothrace e il progetto Changes che interessano anche il patrimonio culturale» ha concluso il rettore prima dei saluti del direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici Daniele Malfitana, del coordinatore del dottorato in Scienze del Patrimonio culturale Pietro Militello e del delegato alla Ricerca Salvo Baglio.

A seguire il docente dell’Università della Calabria Mauro La Russa, in qualità di presidente dell’Associazione Italiana di Archeometria, ha evidenziato «il ruolo di Catania nella diffusione della nuova metodologia interdisciplinare di competenze e materie umanistiche e scientifiche dell’utilizzo delle scienze applicate al patrimonio culturale». «In questi anni, grazie a questa rassegna, abbiamo coinvolto 60 città italiane oltre che gli atenei, enti di ricerca e sovrintendenze con l’obiettivo di valorizzare le ricerche e diffondere i risultati tra gli studiosi ed esperti del settore oltre che alla cittadinanza al fine di creare uno scambio continuo e costante di informazioni» ha aggiunto.

«All’Università di Catania esiste da anni un gruppo “diffuso” di ricercatori appartenenti a vari dipartimenti che considerano vincente l’approccio basato sull’integrazione dell’esperienza e delle competenze di ognuno per la soluzione delle problematiche riguardanti la diagnostica, la conservazione e la fruizione dei Beni culturali anche all’interno di collaborazioni, nate grazie all’Associazione Italiana di Archeometria, con colleghi di altre sedi» ha spiegato la prof.ssa Anna Gueli, componente del comitato organizzatore insieme con  Dario Allegra, Giuseppe Politi, Filippo Stanco, Giuseppe Stella, Simona Todaro e Carlo Trigona.

«Anche grazie alla loro presenza abbiamo realizzato quest’edizione di Arte è Scienza, la prima totalmente in presenza dopo la pandemia – aggiunge la docente -. L’evento è stato caratterizzato dall’entusiasmo degli studenti e dei giovani ricercatori che hanno collaborato a tutte le fasi dell’organizzazione. L’obiettivo principale è stato quello di evidenziare il ruolo della ricerca per lo studio e la valorizzazione dei beni del patrimonio culturale, con particolare attenzione all’individuazione di fenomeni di degrado, al monitoraggio per la conservazione preventiva e valutazione dei rischi nonché alla fruizione anche virtuale. E il Monastero dei Benedettini, con il Coro di Notte, il corridoio dell’orologio e il Chiostro di Levante, è stata la cornice migliore che Arte è Scienza potesse avere all’Università di Catania».

I lavori hanno previsto due sessioni, la prima presieduta da Giovanni Li Volti dell’ateneo catanese con gli interventi di Valentina Venuti (Università di Messina), Sabrina Grassini (Politecnico di Torino), Paola Fermo (Università di Milano), Carlo Trigona, Giuseppe Stella e Giuseppe Margani (Università di Catania). Nella seconda sessione, presieduta da Luigi Ingaliso dell’ateneo catanese, sono intervenuti Delia Chillura Martino (Università di Palermo), Alessandro Re (Università di Torino), Salvo Baglio, Daniele Malfitana, Anna Gueli, Dario Allegra e Simona Todaro (Università di Catania). Nella due giorni numerosi laboratori dimostrativi per l’iniziativa “Ai Benedettini insegnano la Scienza dell’Arte” hanno affascinato i presenti così come la visita guidata al Monastero dei Benedettini a cura di Officine Culturali.

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