L’orrore della “stanza relax”, torture in una casa di cura
“Dottoressa mi faccia uscire. Avevamo detto cinque minuti, si mantengono i patti, i patti si mantengono”. Implorava di uscire dalla ‘stanza relax’ uno dei pazienti ospiti della residenza lager per disabili psichici e fisici scoperta dalla Guardia di finanza di Palermo. La chiamavano ‘stanza relax’, era un locale completamente vuoto in cui i pazienti venivano trascinati a forza dagli operatori. La stanza degli orrori. “Frocio”, urlava uno dei dipendenti della struttura dopo aver portato di peso un ospite e dopo l’ennesimo calcio sbarrava la porta dietro di sé. “Devi buttare veleno dal cuore”, urlava un altro. Schiaffi, calci, pugni erano quotidiani. “Lì se campano o se muoiono, non interessa niente a nessuno”, diceva una degli indagati. E i metodi usati erano spicci. “Testuali parole mi ha detto ‘con gli schiaffi si cresce meglio… quando ci vogliono, sono migliori del pane'”, raccontava una donna non sapendo di essere intercettata.
Trentacinque le misure cautelari emesse dal gip di Termini Imerese su richiesta della locale Procura. Dieci persone sono finite in carcere, sette ai domiciliari, cinque sono state sottoposte all’obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici sono destinatarie della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, dei reati di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode nelle pubbliche forniture. Con lo stesso provvedimento, il gip ha disposto il sequestro preventivo dell’onlus, che, in regime di convenzione con l’Asp di Palermo, forniva servizi di riabilitazione ‘a ciclo continuo’ in favore di 23 pazienti con gravi disabilità fisiche e psichiche, e di beni e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 6,7 milioni di euro.
Le indagini del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo – Gruppo Tutela spesa pubblica hanno fatto emergere “un campionario aberrante di crudeltà e nefandezze disumane”, dice il colonnello Gianluca Angelini, comandante del nucleo di Pef. “Tu ce l’hai presente un manicomio? Uguale, identico, ci manca solo, gli ho detto che li legano ai letti e poi siamo a posto, siamo pronti per la D’Urso – diceva una degli indagati -. Ci sono cose che sono oggettive. I bilanci non sono mai stati presentati, nella contabilità c’è manicomio, la struttura non è adeguata e non è a norma”. Qualcuno ammetteva: “… i lager nazisti e allora se loro hanno intenzione di fare questo che se ne vadano a lavorare in un lager nazista”.
Irregolarità e abusi erano noti agli operatori. “Io ne ho certezza al 99 per cento che gli alzano le mani ai ragazzi, fin quando non ci sono le telecamere sta cosa… noi non ce la togliamo e vedi che è un reato penale – diceva una donna – I ragazzi erano vestiti come gli zingari, visto che non li lavavano bene, visto che il mangiare faceva schifo, visto che la struttura non era pulita”. Ma quella era “una gallina dalle uova d’oro”. Così un’altra spiegava: “120mila euro quello, di parcelle tra lui e sua moglie, 60mila euro lui e 60mila euro l’anno sua moglie, senza che sua moglie a Castelbuono mettesse un piede, più tutti quello che tu hai sciupato che non vi spettavano, rimborsi chilometrici, rimborsi quando tua figlia se ne andava a Catanzaro all’università, i pannolini dei tuoi nipoti, i confetti, le autovetture”. “A me rompe le p… se ci revocano la convenzione perché quella è una gallina dalle uova d’oro”, tagliava corto.