Migrandi: Scafisti dal porto di Gela in Tunisia
Scafisti che dal porto di Gela, in provincia di Caltanissetta, o dalla costa agrigentina, partivano per raggiungere la Tunisia e rientrare carichi di migranti. L’organizzazione è stata scoperta dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla polizia di Caltanissetta: 18 le misure cautelari spiccate nei confronti degli appartenenti alla banda, delle quali 12 arresti in carcere e sei ai domiciliari. Dei 18 destinatari della misura, 12 sono stati catturati e altri sei sono al momento irreperibili perché probabilmente all’estero. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
L’indagine ha preso le mosse da una barca di dieci metri in vetroresina con due motori da duecento cavalli che nel febbraio 2019 si è incagliata all’imbocco del porto di Gela. L’imbarcazione fu segnalata da un pescatore: le indagini della squadra mobile appurarono che la barca era stata rubata a Catania pochi giorni prima e che era stata usata per lo sbarco di decine di migranti. Undici indagati nell’inchiesta, denominata ‘Mare aperto’, sono di nazionalità tunisina e sette italiana.
Diverse le città siciliane che funzionavano da base operativa per la banda Scicli (Ragusa), Catania e Mazara del Vallo (Trapani) che usava piccole imbarcazioni munite di potenti motori fuoribordo e condotte da scafisti esperti che attraversavano il braccio di mare tra le città tunisine di El Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento. I promotori dell’organizzazione sarebbero un uomo e una donna tunisini, che all’epoca dei fatti si trovavano già agli arresti domiciliari per reati analoghi. I due avrebbero gestito il traffico dalla loro casa di Niscemi, nel Nisseno.
Un terzo uomo italiano con il ruolo di capo viveva anche lui a Niscemi, mentre altri due tunisini avevano base operativa a Scicli, in provncia di Ragusa, e gestivano le casse della banda. Cinque italiani, invece, curavano gli aspetti logistici come l’ospitalità dei migranti subito dopo lo sbarco sulle coste siciliane e il trasferimento dei quattro scafisti della banda (un italiano e tre tunisini). Altri quattro cittadini tunisini, infine, avrebbero avuto il ruolo di collegamento con il Paese nordafricano raccogliendo il denaro dei migranti che volevano raggiungere l’Europa.