Si vota in 18 grandi città italiane, la Lega ne chiede più di un terzo
Una partita scacchi o meglio un risiko che attraversa tutto lo Stivale nel tentativo, da parte dei partiti, di piazzare le bandiere nelle città capoluogo chiamate al voto. Dai prossimi 2 e 3 aprile, scadenza delle elezioni nei comuni del Friuli Venezia Giulia che inaugurerà la tornata elettorale, fino al 28 e 29 maggio venturi quando andremo a votare a queste latitudini, sono complessivamente 786 le città chiamate a rinnovare le amministrazioni locali, tra queste diciotto sono capoluoghi di provincia. Escludendo i quattro grandi centri siciliani (Catania, Ragusa, Siracusa e Trapani) si voterà, infatti, in altre 14 grandi città tra cui il capoluogo delle Marche, Ancona.
La partita è complessa soprattutto nel centrodestra che governa la maggior parte di questi Comuni ed appare logico che gli effetti delle decisioni assunte oltre lo Stretto avranno dei riflessi anche in Sicilia ed in particolare a Catania, la più grande comunità italiana chiamata a questo rinnovo di amministrazione e consiglio comunale.
Sotto il Vulcano è nota la ‘messa a disposizione’ della deputata leghista Valeria Sudano che non è ufficialmente in campo, ma è come se avesse messo un piede tra stipite e porta per evitare che si chiuda del tutto. Proprio la Lega deve difendere le posizioni di molti uscenti a partire dal primo cittadino di Udine, Pietro Fontanini che attorno a sé a compattato tutto il centrodestra e nel primo week end di aprile si ripresenterà agli elettori. Stessa cosa a Treviso dove il Carroccio ha blindato con successo Mario Conte.
E’ civico (ma con vista su via Bellerio) il sindaco uscente di Treviso, Francesco Rucco che si candida nuovamente avendo vinto la concorrenza interna alla coalizione dell’esponente di FdI, Giorgio Conte. Così come sono leghisti Leonardo Latini, Francesco Persiani e Michele Conti, sindaci che tentano il secondo mandato rispettivamente a Terni, Massa e Pisa. Tutti con il sostegno di larghissima parte della coalizione di centrodestra. A Teramo, dove governa il centrosinistra con Gianguido D’Alberto, è già in corsa Pietro Quaresimale, pure lui sotto di matrice salviniana.
Ad Ancona, unico capoluogo di regione al voto, attualmente sventola la bandiera del Pd con la sindaca Valeria Mancinelli, il centrodestra dovrebbe essere compatto sull’esponente di Forza Italia, Daniele Silvetti, mentre a Sondrio dovrebbe ricandidarsi il sindaco uscente Marco Scaramellini, ritenuto civico ma di matrice non meloniana. A conti fatti, oggi, il partito della premier (che è anche la prima forza politica del Paese) esprimerebbe il candidato sindaco di Brindisi, Antonio Proto che dovrà vedersela con l’uscente di centrosinistra Riccardo Rossi.
Sono ancora un rebus le mappature elettorali del centrodestra a Siena (dove governa con Luigi De Mossi che non pare abbia scelto di non candidarsi), Latina e soprattutto Imperia dove veste la fascia tricolore un volto noto della politica della Seconda Repubblica: l’ex ministro forzista Claudio Scajola sul quale, al momento, non ci sarebbe la convergenza di tutte le anime della coalizione. Anzi, tra i contendenti è spuntato anche un siciliano: il colonnello dei carabinieri Luciano Zarbano accostato a Fratelli d’Italia e appoggiato dall’Udc, da Liguria Popolare e da alcune liste civiche.
E’ complessa anche la situazione di Brescia dove la Lega ha rivendicato la candidatura di un big del partito in Lombardia: Fabio Rolfi già assessore e consigliere regionale.
Dando seguito alla prassi delle ricandidature, che nel centrodestra è considerata più o meno scontata (anche se non è stato così per Nello Musumeci, ma è storia nota), il Carroccio – che va ricordato cinque anni fa era il partito di maggioranza relativa all’interno del centrodestra, trascinato da un Matteo Salvini che appariva come il Re Mida della politica – punta a (ri)mettere la propria bandiera su più di un terzo delle grandi città al voto, a cui si aggiungono i desiderata su Teramo, Brescia e appunto Catania e forse anche Siracusa, dove c’è una fronda significativa guidata da Enzo Vinciullo e Giovanni Cafeo, che rivendica un posto al sole.
Nel gioco degli incastri, in pratica, ci sono tutti ecco perché in Sicilia, dove si voterà per ultimi, i partiti che governano a Roma e Palermo si muovono con prudenza, perché l’effetto elefante (che, com’è noto, di Catania è vessillo) rischia di schiantare più di una cristalleria.