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Spitale, “il reddito di cittadinanza migliorarlo con il terzo settore”

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"trasformare questo sussidio in una misura di politica attiva del lavoro"

In merito al tema del Reddito di Cittadinanza, anche a seguito delle dichiarazioni rese dal leader di Azione, Carlo Calenda, Alberto Spitale – esponente “renziano” del Calatino e candidato alla Camera dei Deputati, nella lista “Azione – Italia Viva di Calenda”, collegio plurinominale Sicilia 2 P3 (che comprende le province di Siracusa e di Ragusa, i 15 Comuni del Calatino Sud-Simeto e il Comune di Niscemi che si trova in provincia di Caltanissetta) – è del parere che “bisogna continuare a sostenere coloro che non possono effettivamente lavorare ed aiutare tutti gli altri beneficiari, attivando percorsi di formazione e accompagnamento al lavoro”.

“E sulla scia dell’idea del coinvolgimento degli enti di terzo settore nella gestione del RdC, come più volte suggerito anche dalla ministra Bonetti, per trasformare questo sussidio in una misura di politica attiva del lavoro è auspicabile l’inserimento dei beneficiari anche nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo. Sono quelle imprese solidaristiche ex art. 1 lettera b, della l. 381/91, create proprio per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro ai soggetti più deboli della società. Esse lo fanno garantendo direttamente la fornitura di beni e/o servizi nei settori tradizionali dell’economia, come l’agricoltura, il commercio e l’industria, o gestendo commesse su incarico delle imprese for profit”.

“Si tratta di ‘imprese di transizione’ – sottolinea Spitale – presso le quali si potrebbero formare i beneficiari del RdC per poi essere inseriti stabilmente in tutte le tipologie di aziende, di certo anche quelle costituite in forma cooperativa. Questa è già la mission delle cooperative sociali di inserimento lavorativo che da circa un trentennio operano a beneficio di altre categorie di soggetti svantaggiati dal punto di vista sociale”.

“Quindi – conclude Alberto Spitale – non pensiamo alla riproposizione di quei contenitori vuoti nati nel passato per alimentare forme di precariato, promettendo improbabili stabilizzazioni tutte a spese dell’erario, ma a delle ‘palestre’ presso le quali addestrare i disoccupati, per rendere concreta la prospettiva di un loro inserimento lavorativo. In questo contesto la cooperazione sociale può diventare una componente importante di un nuovo sistema di politiche attive del lavoro che ripensi il reddito di cittadinanza in termini di dignità e di sviluppo”.

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