Raspanti, “il Papa ha fotografato la situazione difficile della societa’ siciliana”
“Mi ha colpito innanzitutto la capacita’ di analisi della societa’ siciliana, sebbene fatta in poche righe in pochi tratti, ma ha fotografato la situazione difficile in cui si trova in questo momento la societa’ siciliana, poi il fatto che lui costatava che la Chiesa significa che tutti noi cristiani che qui viviamo, ne risentiamo, siamo parte integrante di questa difficolta’ e allora per esempio l’inverno demografico e l’emigrazione dei giovani, cosa che stanno facendo crollare la presenza giovanile e quindi il futuro, la speranza nella societa’ siciliana con le implicazioni di tristezza, amarezza, tendenza alla depressione e cose simili”.
Lo dice Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e presidente della Conferenza episcopale siciliana, dopo le parole di ieri di Papa Francesco sui problemi della Sicilia, scoraggiata per il futuro, ma anche al cospetto di un clero legato solo a “monete e merletti”. Poi le parole “espressamente dedicate a noi – aggiunge – quello che lui dice e’ che siamo in un cambiamento d’epoca e non in un’epoca di cambiamenti. Ha detto ‘in Sicilia voi state cercando di riflettere come e in che cosa sta avvenendo, in che cosa sta cambiando l’epoca in modo tale da capire quali direzioni e in quali circostanze potere proporre l’annuncio del Vangelo, che fermenti questo cambiamento di vita dei siciliani’. Questa secondo me e’ la piu’ bella e grande domanda che ci sgancia in avanti”.
Quando il Papa “mette a punto alcuni difetti”, per Raspanti “non vuol dire che tutti peccano di questi difetti, vuol dire che si notano in alcuni determinate tendenze e queste ne siamo consapevoli. Meglio che in Papa ce li ricordi dall’esterno, in modo che si mettono a fuoco queste difficolta’ e questi difetti. Se mi fermo sulle questioni dei merletti e della liturgia, anche qui c’e’ una tendenza in alcune parti del clero non molto numerose in verita’, pero’ e’ vero un discorso piu’ ampio, la liturgia e’ un luogo di comunicazione ampia, tra di noi con Dio riceviamo, Dio eccetera, ora le azioni liturgiche le suppellettili, i riti devono parlare, bisogna ritrovarsi in esse. Qui, secondo me, la Sicilia, non solo la chiesa, l’intera nostra isola sconta un gap culturale”.
Continua il vescovo Raspanti: “Prendiamo per esempio il solo mondo dell’arte della musiva, che sono i piu’ vicini a quello della liturgia, mi chiedo quanto la gente il nostro popolo accetti, conosca, sia appassionata di musica moderna, classica sinfonica, o arte moderna, contemporanea. Non vediamo che ci sono solo piccoli spunti, piccoli luoghi con poche persone che di questo si occupano e si intendono. Ecco io vorrei trasportare questo nella liturgia, la musica nella liturgia, i quadri nella liturgia. Quando noi facciamo raramente committenza e quindi approntiamo musiche veramente nuove, o sperimentiamo quadri o altro veramente nuovi nei nostri luoghi liturgici, e quando spesso si fanno si sente il commento generale delle persone e’ sostanzialmente negativo, di rigetto, poche cose si accolgono, questo perche’ il gusto di una cultura di un popolo in Sicilia e’ abbastanza contraddittorio”.
“C’e’ una piccola parte che e’ all’avanguardia, una grande parte che e’ sostanzialmente ferma, bloccata sulle ripetizioni tradizionale. Ora la liturgia risente di tutto questo. Io stesso mi trovo in difficolta’ quando immetto qualcosa di nuovo e mi accorgo della grossa resistenza che fa la gente o anche il clero. Naturalmente questo non giustifica il fatto che noi ci dobbiamo fermare o rispecchiare quello a cui la gente piace. No, dobbiamo spingere avanti, dobbiamo innovare. Il concilio Vaticano secondo e’ esattamente questa scoperta nelle radici delle innovazioni. Abbiamo un compiti innovativo dinanzi al quale non ci dobbiamo fermare”.